Nunzio in Siria: catastrofe umanitaria, rischioso anche seppellire i morti
Non c’è tregua alle violenze in Siria. I carri armati dell'esercito governativo hanno
lanciato l'assalto contro un quartiere di Homs, la città a nord di Damasco martoriata
da giorni di intensi bombardamenti da parte dei fedelissimi del presidente Assad:
almeno 40 finora le vittime. Violenza anche ad Aleppo, nella parte settentrionale
del Paese, dove è salito a 28 morti il bilancio del duplice attentato che ha colpito
due edifici governativi: nel mirino, i servizi segreti militari e le forze di sicurezza.
L’attacco è stato in un primo momento rivendicato dal Libero esercito siriano: poi,
un'altra fonte ha attribuito la responsabilità al governo siriano per distogliere
l'attenzione - si afferma - dai bombardamenti contro Homs. Il nunzio apostolico in
Siria, mons. Mario Zenari, parla di sofferenze enormi e di catastrofe umanitaria.
Sergio Centofanti lo ha raggiunto telefonicamente a Damasco:
R. – C’è una
spirale di violenza, una violenza che aumenta di giorno in giorno e la povera gente
ne fa le spese, a cominciare da tutte queste vittime innocenti: l’Unicef parla di
oltre 400 bambini morti dall’inizio del conflitto. E’ una cosa incredibile, una cosa
impressionante: i bambini sono presi di mira per esempio ad Homs, dove si spara su
qualunque cosa si muova. Allora si spara addosso anche a qualche bambino che magari
in mano ha soltanto la spesa, il pane o del cibo che era andato a comprare per la
famiglia… Qui cominciano a scarseggiare i viveri, scarseggiano le medicine; è difficile
curare i feriti ed è addirittura rischioso soccorrerli. Questa mattina un padre mi
diceva che una signora greco-ortodossa era andata da lui a supplicarlo: “Mi aiuti
a seppellire quattro famigliari, tra cui mio padre, morti in casa da quattro giorni…”.
Non si riesce neanche a seppellire i morti!. E con grande rischio hanno seppellito
questi morti, scavalcando il muro del cimitero…
D. – Ci sono stati attacchi
contro sedi militari ad Aleppo: chi c’è dietro questi attacchi?
R. – Non si
sa chi stia dietro a questi attentati, a queste esplosioni. E’ una situazione molto
complicata: bisogna andare a decifrare tutta questa spirale di violenza.
D.
– Come vede la possibilità di una ripresa del dialogo?
R. – E’ molto, molto
difficile. Purtroppo credo che la possibilità del dialogo si complichi ogni giorno
di più, via via che cresce questa spirale di violenza. Comunque bisogna sempre sperare!
D.
– Cosa può fare la comunità internazionale?
R. – Sembra che qualcosa si stia
muovendo, ma siamo in vista di una emergenza umanitaria e bisogna quindi impegnarsi
di più. Bisogna fare in fretta e non aspettare troppo a mettere in atto almeno le
soluzioni possibili.
D. – Qual è la situazione della minoranza cristiana?
R.
– Devo dire che finora la comunità cristiana è rispettata: finora non sono stati presi
di mira i cristiani in quanto cristiani. Fino a questo momento non è stata graffiata
neanche una chiesa… Questa situazione, se si fa il paragone con altri Paesi dell’area,
dove hanno cominciato a bruciare chiese, dà un po’ di speranza. Ecco, un aspetto positivo
è che i cristiani sono rispettati e quindi potrebbero e possono giocare un ruolo importante,
possono fare un po’ da ponte in questo clima di odio che c’è tra gli uni e gli altri.
I cristiani sono al servizio della Siria, e offrono il loro spirito di dialogo, di
riconciliazione e di perdono. (mg)