I vescovi indiani: Chiesa al fianco di poveri ed emarginati
La Chiesa dell’India si impegna a favore dei poveri, degli emarginati e dell’ambiente:
questo il messaggio finale della 30ma Plenaria dei vescovi indiani, conclusasi ieri
a Bangalore. Nel lungo documento, i presuli sottolineano l’importanza del “ruolo profetico
della Chiesa quale contributo per un’India migliore” e ribadiscono: “Per lottare a
favore di un Paese migliore, la Chiesa stessa deve diventare migliore”. Il servizio
di Isabella Piro:
Sono linee-guida
per il futuro quelle che i vescovi tracciano a conclusione della loro Plenaria. E
al primo posto, pongono la necessità di guardare, sia all’interno che all’esterno
della Chiesa, ad uno stile di vita semplice, “austero”, che insegni ai fedeli a contrastare
“il consumismo sfrenato”, garantendo “trasparenza e responsabilità”. Di qui, la sottolineatura
forte che i vescovi danno alla “conoscenza ed attuazione della Dottrina sociale della
Chiesa, la quale rimarca la centralità della persona umana e l’impegno per il bene
comune, puntando allo sviluppo umano integrale e alla creazione di una società giusta”.
Quanto agli “attacchi alla Chiesa”, i presuli affermano che, malgrado ciò, essi continueranno
“ad operare a favore degli svantaggiati e degli emarginati, coinvolgendo in questa
missione anche medici, avvocati ed altro personale qualificato”, poiché è proprio
“nel raggiungere gli ultimi della società che la Chiesa rappresenta il volto compassionevole
di Cristo”. Altro punto centrale per la CBCI è “la sacralità della vita umana dal
concepimento fino alla morte naturale”. Un principio che i presuli indiani, “dolorosamente
consapevoli dei feticidi femminili”, si propongono “di inculcare” nei fedeli. Il documento
finale della Plenaria affronta, poi, la questione educativa: innanzitutto, i presuli
ricordano che la Chiesa in India ha costruito “una vasta rete di scuole e di università”,
di cui il 59,3 % è situato in aree rurali, è frequentato dal 54% di studentesse e
dal 71,7% di giovani di altre comunità religiose. In quest’ottica, quindi, i vescovi
si impegnano ad utilizzare le istituzioni educative cattoliche “come agenti di trasformazione
sociale, facendo sì che gli studenti assimilino quei valori etici e spirituali capaci
di renderli cittadini al servizio del Paese in modo retto ed onesto”. Sullo stesso
piano, la CBCI pone i servizi sanitari portati avanti dalla Chiesa e che includono
“788 ospedali, numerosi dispensari e centri per malati mentali e terminali, lebbrosi,
persone affette da tubercolosi e da Aids”. Si tratta, ribadiscono i presuli, di centri
che curano la popolazione “a prescindere dal credo o dalla casta, al di là di ogni
tipo di discriminazione”. Una lunga parte del messaggio viene quindi dedicata alla
tutela dei poveri, degli emarginati, delle donne, dei bambini sempre più sfruttati,
dei migranti, delle “vittime della tratta”, “di tutti coloro che vivono in una miseria
disumana ed opprimente”: a tutti la Chiesa promette il proprio impegno “per la loro
liberazione”, grazie anche all’aiuto delle organizzazioni non governative ed alla
“cooperazione con lo Stato”, così da aiutarli ad “usufruire dei benefici e delle sovvenzioni
nazionali”. In questo modo, “la Chiesa darà voce a chi è senza voce”. Soffermandosi,
in particolare, sulla questione dei dalit, i vescovi indiani affermano che “la discriminazione
per casta è contraria al Vangelo” e in quanto tale “va sradicata, ovunque essa persista”.
“La Chiesa – si legge nel messaggio – compirà sforzi concertati per legittimare i
dalit, lottando insieme a loro per l’uguaglianza dei diritti e dei benefici costituzionali
che attualmente vengono loro negati sulla base della religione”. “A tutti i settori
più deboli della società - continuano i vescovi - garantiamo che faremo il possibile
per prepararli e portarli ad una posizione di leadership a livello locale, regionale
e nazionale”. Un’altra questione cruciale affrontata dalla CBCI è quella della difesa
dell’ambiente: “Siamo custodi del Creato di Dio – scrivono i vescovi – e dobbiamo
usare le risorse per il bene di tutti, tenendo presente anche il nostro dovere nei
confronti delle prossime generazioni”. Di qui, la messa in guardia contro “le miniere
illegali, la deforestazione, l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e della terra che
distruggono l’equilibrio ecologico”. Per questo, i presuli indiani incoraggiano “l’utilizzo
delle fonti naturali di energia, dell’agricoltura biologica e dell’adeguato smaltimento
dei rifiuti”. Non manca, poi, naturalmente, la pagina dedicata alla pace e alla riconciliazione:
in questo senso, i presuli incoraggiano i fedeli laici e le comunità cristiane di
base “ad intraprendere un dialogo di vita e di azione con persone di altre tradizioni
religiose, lavorando in armonia per il bene comune della società”. Ovviamente, anche
“i sacerdoti, i religiosi e le religiose” devono impegnarsi nella costruzione di un
Paese migliore, così come i giovani, che devono mettere “il loro dinamismo e la loro
vitalità” a servizio di tale “nobile impresa” Senza dimenticare la preghiera, poiché
“non è solo con i nostri sforzi – affermano i vescovi – che potremo costruire un’India
migliore”. E tale sarà il Paese in cui si riscontreranno gli ideali sanciti dalla
Costituzione, conclude la CBCI, ovvero “la giustizia sociale, economica e politica;
la libertà di pensiero, espressione, credo, fede e culto; la fraternità che assicura
la dignità dell’individuo, insieme all’unità e all’integrità della nazione; l’uguaglianza
di status e le pari opportunità”. Infine, la Chiesa indiana si affida alla Vergine
Maria, Assunta in cielo il 15 agosto, giorno dell’Indipendenza del Paese.