Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe. Il presidente Napolitano: l'Europa
ci salva da derive nazionalistiche
“E' la visione europea che ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche”.
Con queste parole il presidente italiano, Giorgio Napolitano, al Quirinale, ha celebrato
ieri, un giorno prima della ricorrenza, il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime
italiane nelle foibe e dell'esodo degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia. L'Europa,
ha spiegato Napolitano, fa sì che si possa "far convivere etnie, lingue, culture e
guardare insieme con fiducia al futuro". Il giorno del ricordo celebra una pagina
di storia italiana ancora oggi poco conosciuta. Furono circa 10mila gli italiani che,
ritenuti ostili alla neonata Jugoslavia, nell'immediato Dopoguerra vennero prelevati
dalle loro case, uccisi e gettati nelle foibe, cavità carsiche presenti in buona parte
dell'Istria. Trecentocinquantamila gli italiani esuli. Francesca Sabatinelli ha
intervistato Marco Girardo, giuliano di nascita, giornalista del quotidiano
"Avvenire", autore del libro "Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e
l'esodo dei giuliano-dalmati":
R. – Non ci
si è soffermati, secondo me, a sufficienza sull’esodo che ha coinvolto circa 350 mila
istriani e dalmati – che allora facevano parte di quella che era l’Italia – e che
sono stati costretti a fuggire dalle loro case, abbandonando tutto. Siccome è stata
una pagina abbastanza oscura della nostra storia, anche perché noi eravamo parte di
quella guerra, parte attiva, e ad un certo punto, avendo cambiato fronte, ci siamo
trovati improvvisamente dall’altra parte. Sostanzialmente quella pagina, dunque, che
è stata una pagina difficile, amara per il nostro Paese è stata poco raccontata, poco
scandagliata. Per cui la parte che riguarda l’esodo dei giuliano-dalmati che – lo
ricordo – furono 350 mila, non è stata ancora bene raccontata.
D. – Questa
è una parte che affronta nel suo libro, nel capitolo “Vivere altrove”...
R.
– Esattamente, perché c’è una dimensione particolare che mi ha colpito, rispetto a
questo tema e al racconto che mi ha fatto Piero Tarticchio, che è uno dei 350 mila
esuli, e che è quello di non essere riuscito a raccontare la sua esperienza fino in
fondo neanche ai suoi figli. E’ riuscito a farlo con i nipoti, cioè c’è dovuta essere
una generazione di mezzo, perché lui provava in maniera inconscia – credo – anche
un senso di vergogna per quello che gli era successo. Allora, ecco il significato
– secondo me – della giornata dedicata a ricordare queste cose, e anche di tutti i
libri che stanno iniziando ad uscire anche in maniera più abbondante in questi ultimi
anni: quello di trovare un posto, un luogo, che sono le pagine di un libro, in cui
le persone possono riavvicinarsi – le persone che hanno vissuto quell’esperienza –
alle generazioni future e raccontare quella che è stata la loro esperienza.
D.
– Meno di un mese fa, la Giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto. Ora,
la Giornata del ricordo per i morti delle foibe. Eppure è come se ci fosse una differenza,
tra queste due importanti date: perché, qual è?
R. – Ci sono ragioni diverse
che, secondo me, spiegano questa differenza. Sono ragioni politiche, perché in Italia
la vicenda delle foibe è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governi
e opposizioni a mantenere buoni rapporti con la ex-Jugoslavia; e lo stesso è accaduto
in Jugoslavia. Ci sono ragioni storiografiche, cioè la mancanza di ricerca storiografica
che è una conseguenza del primo aspetto. Solo a partire dagli anni Novanta – tranne
lodevoli eccezioni – si è iniziato a lavorare su questo tema. Cioè, alla fine degli
anni Novanta – pensate, quasi 40 anni dopo – è stata istituita – e con fatica! – una
Commissione mista italo-slovena, non ancora italo-croata, in questo caso non ci siamo
ancora. Per cui la differenza con quello che è successo con l’Olocausto è che c’è
un ritardo nella ricostruzione storiografica. Infine, c’è un terzo elemento molto,
molto importante: un elemento ideologico, perché le strumentalizzazioni politiche
che hanno coinvolto questo tema sono forti. Il tema delle foibe è stato usato per
sostenere posizioni o di destra, o di sinistra. E senza un ulteriore, progressivo,
avvicinamento alla verità dei fatti – ma che sia una verità condivisa – e senza un
utilizzo strumentale e ideologico di quegli aspetti legati a quel particolare periodo
storico, non ci sarà un autentico spazio per la pacificazione.
D. – Quindi,
è quanto mai necessario che si lavori ancora di più sulla ricerca per una pacificazione,
ma anche per il rispetto che si deve a tutte le vittime delle foibe …
R. –
Esattamente. Questo è anche il senso della Giornata del 10 febbraio che è una giornata
– lo ricordo – istituita con una legge del 2004, firmata dal presidente Carlo Azeglio
Ciampi, per far ricordare le foibe e l’esodo, che sono le due facce di un unico dramma,
che è quello che è stato subìto dalle popolazioni italiane del confine orientale del
Paese tra l’8 settembre 1943 e il Secondo Dopoguerra e che poi, ripeto, fino agli
anni Novanta è stato a lungo trascurato. Questo è il senso della Giornata e anche
dei lavori che, fortunatamente, si stanno compiendo per riportare alla conoscenza,
anche delle ultime generazioni, quegli episodi della nostra storia. (gf)