Bene comune: la Protezione Civile per Caritas italiana
In Italia e in
altri Paesi europei ci si chiede in che modo la Protezione civile possa essere riformata
per gestire emergenze legate, come accade in questi giorni, al maltempo. Ma non
solo. Per il vicedirettore di Caritas italiana, Francesco Marsico, "bisogna
riflettere sui principi che dovrebbero animare comunque gli interventi istituzionali
in qualsiasi ambito e quindi rispolverare il principio di sussidiarietà. Come si accorgono
i volontari della Caritas e non solo, il problema non è soltanto quello di un volontariato
efficace, ma di una collettiva responsabilità sociale che leghi insieme istituzioni,
persone e corpi intermedi". Quindi, una Protezione Civile che guarda al territorio
e coinvolga le autorità locali, il mondo del volontariato, le realtà che vivono in
quel territorio colpito da un evento naturale. "Il problema, però, non è mai avere
tante risorse o tanto personale, ma un’idea di intervento a sostegno di una comunità
colpita. Un’idea vuol dire, appunto, farsi carico dei bisogni delle persone innanzitutto,
e, partendo da questo, capire quali sono le risposte territoriali in grado di mobilitarsi.
Questo, però, non si fa in emergenza, si fa prima". Per Paolo Beccegato, responsabile
dell'area internazionale di Caritas italiana, "una sorta di popolazione
civile internazionale – che immagino legata all’Onu o a qualche agenzia dell’Onu –
è un ulteriore capitolo di ragionamento in corso da anni, rispetto al quale ancora
non si è arrivati ad una conclusione. Una sorta di Protezione civile non più europea
o non solo europea certamente darebbe più garanzie di imparzialità. Bisognerebbe predisporre
in tempi di pace, prima dei disastri, dei piani di intervento su scala nazionale e
internazionale, che valorizzino tutte le competenze, i ruoli diversi, e non monopolizzino
le cose. Il monopolio è sempre dannoso". (di Luca Collodi)