Il Papa invita alla solidarietà per le persone colpite da neve e gelo. In Europa oltre
480 vittime
L'Europa continua ad essere flagellata dal maltempo. Al termine dell’udienza generale
in Vaticano, Benedetto XVI ha espresso vicinanza alle popolazioni colpite dall’emergenza
gelo che ha provocato, finora, la morte di almeno 480 persone. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
Nelle ultime
settimane, ha ricordato il Papa, “un’ondata di freddo e di gelo si è abbattuta su
alcune regioni dell’Europa”, provocando centinaia di morti, “forti disagi e ingenti
danni”:
“Desidero manifestare la mia vicinanza alle popolazioni colpite
da così intenso maltempo, mentre invito alla preghiera per le vittime e i loro familiari.
Al tempo stesso incoraggio alla solidarietà affinché siano soccorse con generosità
le persone provate da tali tragici eventi”.
Ucraina e Polonia restano i
Paesi più colpiti, con oltre 200 morti, nella maggior parte dei casi per assideramento.
La situazione è critica anche in Romania, Repubblica Ceca e Lituania. A perdere la
vita sono soprattutto anziani e senzatetto, o automobilisti rimasti coinvolti in incidenti
stradali causati dal ghiaccio. In diversi Paesi, sono state allestite migliaia di
tende per offrire un pasto e bevande calde. Ma sono ancora molte le località non raggiungibili.
In Serbia, quasi 70 mila persone sono rimaste isolate e in Bosnia centinaia di villaggi
sono sommersi dalla neve. La situazione è critica anche in diversi Paesi dell’Europa
occidentale. In Italia, dove sono morte almeno 40 persone a causa del freddo dall’inizio
dell’emergenza, è prevista nel fine settimana una nuova perturbazione caratterizzata
da aria gelida proveniente dalla Siberia. In Italia e anche in altri Paesi europei
ci si chiede, intanto, in che modo la Protezione civile possa essere riformata per
gestire questo tipo di emergenze legate al maltempo. Al microfono di Luca Collodi
il vicedirettore di Caritas italiana, Francesco Marsico:
R. –
Bisogna riflettere sui principi che dovrebbero animare comunque gli interventi istituzionali
in qualsiasi ambito e quindi rispolverare il principio di sussidiarietà. Come si accorgono
i volontari della Caritas e non solo, il problema non è soltanto quello di un volontariato
efficace, ma di una collettiva responsabilità sociale che leghi insieme istituzioni,
persone e corpi intermedi.
D. – Quindi, una Protezione Civile che guardi di
più al territorio e coinvolga le autorità locali, il mondo del volontariato, le realtà
che vivono in quel territorio colpito da un evento naturale...
R. – Non c’è
dubbio, anche perché quando si vede una difficoltà – ad esempio nell'interpretare
in maniera uniforme un allerta meteo o quali tipi di interventi un Comune piuttosto
che l’altro debba attuare in situazioni di questo tipo – si capisce che in questi
anni non c’è stata una crescita comune in termini culturali e operativi. La grande
parola è “sussidiarietà”, quindi responsabilità, che fa crescere ogni persona, non
soltanto gli enti istituzionali.
D. – La Protezione Civile è solo una questione
di soldi, cioè più soldi e più efficienza, secondo voi della Caritas?
R. –
Assolutamente no. E’ chiaro che l’assenza di risorse rende impossibile molte cose.
Il problema, però, non è mai avere tante risorse o tanto personale, ma un’idea di
intervento a sostegno di una comunità colpita. Un’idea vuol dire, appunto, farsi carico
dei bisogni delle persone innanzitutto, e, partendo da questo, capire quali sono le
risposte territoriali in grado di mobilitarsi. Questo, però, non si fa in emergenza,
si fa prima. (ap)
Il rilancio della Protezione civile riguarda non solo l’Italia,
ma l’Europa intera. E’ quanto sottolinea Paolo Beccegato, responsabile dell’area
internazionale di Caritas italiana:
R. – C’è in atto una riflessione profonda
sul ruolo della Protezione civile a livello europeo, che è stata sollecitata e spinta
anche fortemente dal nostro stesso governo, dai nostri stessi responsabili della Protezione
civile, attuali e precedenti. Quindi, direi che la questione si pone davvero a livello
europeo e a livello internazionale, perché poi l’eventuale nascita di una Protezione
civile europea, coordinata certamente, si porrebbe come soggetto forte di intervento
anche nei disastri in tutto il mondo. Un embrione di questo è stato già visto in alcune
circostanze, come per esempio a seguito dello tsunami asiatico, quando la Protezione
civile italiana è diventata uno dei soggetti più attivi per esempio in Sri Lanka.
D.
– C’è spazio per una Protezione civile sussidiaria, che tenga conto, anche in sede
internazionale, dell’apporto delle popolazioni locali, delle strutture che sono già
presenti nelle aree di intervento?
R. – Una sorta di popolazione civile internazionale
– che quindi immagino legata all’Onu o a qualche agenzia dell’Onu – è un ulteriore
capitolo di ragionamento in corso da anni, rispetto al quale ancora non si è arrivati
ad una conclusione. Una sorta di Protezione civile non più europea o non solo europea
certamente darebbe più garanzie di imparzialità. Bisognerebbe predisporre in tempi
di pace, prima dei disastri, dei piani di intervento su scala nazionale e internazionale,
che valorizzino tutte le competenze, i ruoli diversi, e non monopolizzino le cose.
Il monopolio è sempre dannoso. (ap)
Non solo l’Europa, anche il Nord Africa
è colpito dall’emergenza maltempo: in Algeria, in particolare, sono almeno 80 le persone
morte, nella maggioranza dei casi, in seguito a incidenti stradali e a fughe di monossido
di carbonio, provocate da impianti di riscaldamento difettosi.