Colombia: i vescovi rilanciano l’evangelizzazione per fare fronte alle nuove sfide
nel Paese
Rinnovarsi e riorganizzarsi per evangelizzare i colombiani in un momento di grande
difficoltà, ma anche di speranza per il Paese: è questa la sfida centrale che attende
l’episcopato colombiano nei prossimi anni. Questo in sintesi il senso dell’intervento
del presidente della Conferenza episcopale, mons. Rubén Salazar Gómez, all’apertura
dei lavori della 92ª plenaria dei vescovi in corso da ieri fino al 10 febbraio a Bogotà.
Il presule ha iniziato il suo intervento tracciando un’ampia panoramica della situazione
socio-politica del Paese. Un quadro fatto ancora di molte ombre, ma anche di qualche
luce. “Viviamo in una società che patisce un conflitto cronico che affonda le sue
radici in molti eventi e situazioni che nel corso della nostra lunga storia hanno
creato una società iniqua, disuguale con elementi inquietanti di ingiustizia strutturale
", ha detto l’arcivescovo di Bogotà, rilevando che la debolezza dello Stato “ha permesso
a forze criminali di occupare vaste parti del Paese dove impongono la propria legge
con il sangue e con il fuoco. Il conflitto armato che è l’elemento più visibile e
distruttivo del conflitto sociale imperante – ha proseguito mons. Salazar Gómez -
continua a mietere vite, a distruggere le comunità, impedendo la pacifica convivenza
dei cittadini”. Ma secondo il presule, ci sono anche segnali di cambiamento che promettono
un futuro migliore: “Abbiamo preso coscienza del fatto che tutti – lo Stato e la società
civile, con l’impegno di tutti i cittadini - sono chiamati a partecipare alla riparazione
dei danni causati dall'ingiustizia e a dare ad essi il giusto peso legale per consolidare
un autentico Stato di diritto. Inoltre, ha continuato, “stiamo vivendo una ripresa
economica che ha permesso di migliorare lentamente il benessere della popolazione”,
mentre lo Stato ha cominciato ad attuare misure per la ridistribuzione della ricchezza
a favore dei milioni di colombiani “che continuano a vivere in condizioni deplorevoli
di povertà e di miseria”. C’è insomma “una crescente consapevolezza che apre nuovi
orizzonti perché la Colombia possa lasciarsi alle spalle ciò che ha ostacolato la
pace e consolidi i processi necessari per cercare la giustizia e la solidarietà, al
fine di garantire una vera convivenza fra tutti i colombiani”. In questo contesto
la Chiesa continua la sua opera evangelizzatrice: perché se è vero che la società
colombiana ha una radicata tradizione cristiana, è anche vero che questa realtà sta
cambiando: invece di un “ambiente favorevole alla fede” oggi si vede messo “in discussione
il Vangelo e i suoi valori, la Chiesa e il suo insegnamento”. Si tende a vivere "come
se Dio non esistesse". Inoltre, per molti cristiani la pratica della fede è diventata
“monotona e priva di dinamismo”. I dati di un recente sondaggio del quotidiano locale
“El Tiempo” - secondo cui otto colombiani su dieci si dichiarano cattolici, ma neanche
la metà legge la Parola di Dio o partecipa alle Messe - dimostrano “una dicotomia
tra fede e vita reale”. In un momento in cui “la lotta del bene contro il male assume
nuove forme - ha quindi concluso mons. Salazar Gómez - è necessario usare nuove armi
nel campo etico e morale”. In questo senso, le difficoltà sono anche “preziose opportunità”
per la Chiesa. Parlando ai giornalisti a margine dell’apertura dei lavori, mons. Salazar
Gomez ha espresso preoccupazione per i nuovi attentati compiuti in questi giorni dalla
guerriglia in Colombia, accusando le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia)
di non essere più un gruppo politico, ma “una banda di terroristi” e chiedendo la
fine degli attacchi che non fanno altro che causare vittime tra le persone innocenti.
(L.Z.)