Seul: simposio su missione ed evangelizzazione nella penisola coreana
La Corea del Nord rimane un territorio chiuso all’attività missionaria. Questo non
dovrebbe impedire, però, di promuovere un’azione evangelizzatrice nel Paese. E’ quanto
è stato ricordato durante un simposio, sotto l’egida del Future Pastoral Institute,
svoltosi nei giorni scorsi a Seoul, in Corea del Sud. Per padre Norbert Cha Dong-yeob,
direttore dell’Istituto, lo slancio evangelizzatore, a causa dell’impossibilità di
condurre attività missionarie nel Nord, deve essere rivolto ai transfughi nordcoreani
che si sono stabiliti in Corea del Sud. Secondo stime recenti, sarebbero oltre 20
mila i transfughi nordcoreani che vivono in questo Paese. In base ad un sondaggio
condotto nel 2033, almeno il 70% ha affermato di essere credente. Tra questi, oltre
tre quarti degli intervistati hanno dichiarato di essere cristiani. L’evangelizzazione
dei transfughi – è stato sottolineato durante il simposio – può indirettamente avere
un impatto nel Nord. Nel caso di una prossima riunificazione della penisola coreana
– sottolinea l’agenzia Zenit - i rifugiati potranno infatti “fungere da relé” presso
la popolazione nordcoreana. Suor Lim Sun-yun, direttrice del Centro per i rifugiati
nord coreani della diocesi di Incheon, ha chiesto prudenza e gradualità. Nam Dong-jin,
vice presidente del Comitato per la riconciliazione in Corea, ha infine ricordato
che i transfughi nordcoreani vengono invitati a partecipare agli incontri dei gruppi
di preghiera. Un altro programma, chiamato “Home-stay”, prevede che una volta l’anno,
famiglie sudcoreane ospitino per alcuni giorni rifugiati nordcoreani. (A.L.)