2012-02-06 12:14:52

Medio Oriente: accordo Fatah-Hamas per Abu Mazen alla guida del governo ad interim


Medio Oriente. In vista delle elezioni generali, si compatta il fronte palestinese. Accordo tra al-Fatah e Hamas per la nomina dell'attuale presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, il moderato Abu Mazen, alla guida del governo tecnico ad interim, che dovrà sovrintendere ai preparativi per le consultazioni e che sarà annunciato il 18 febbraio prossimo. Ma come si è giunti a quest’intesa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Eric Salerno, inviato speciale ed esperto di Medio Oriente del Messaggero:RealAudioMP3

R. – Hamas si trova in difficoltà in questo momento: quello che sta succedendo in Siria e la possibilità di un conflitto con l’Iran ha isolato molto il movimento fondamentalista, che si trova senza i suoi sostenitori. Questo accordo ha consentito ad Abu Mazen di guadagnare credibilità e, logicamente, di ottenere la cosa che aveva chiesto, cioè di poter continuare a guidare il Consiglio palestinese fino alle elezioni. ma bisogna anche dire che gli americani, ma anche gli israeliani, non accetterebbero mai di avere a che fare, in questa fase, con un leader di Hamas, a capo di tutta l’organizzazione palestinese.

D. – Un leader come Abu Mazen avrebbe buon gioco in un’eventuale ripresa dei negoziati diretti con lo Stato ebraico?

R. – Io credo che sia un momento difficile per parlare di ripresa dei negoziati. Si sa cosa vogliono gli uni e che cosa vogliono gli altri: ma per adesso Israele ha detto “no” alle richieste palestinesi, soprattutto a quella di bloccare la costruzione degli insediamenti. Anche il premier Netanyahu sta giocando una partita difficile: si parla di possibili elezioni anticipate, e quindi vorrebbe rafforzarsi politicamente. Non si capisce, quindi, se ci potranno essere passi avanti nei negoziati, prima che vengano chiarite altre cose: soprattutto se Israele intende o meno attaccare l’Iran, per mettere in difficoltà Teheran rispetto al suo progetto nucleare.

D. – Hai fatto cenno alla Siria, all’Iran: si ha l’impressione che la crisi mediorientale sia diventata una questione con molte più variabili rispetto solo a qualche mese fa. Questo potrebbe favorire una soluzione oppure potrebbe rendere ancora più difficile, invece, il percorso verso il dialogo?

R. – Storicamente i palestinesi hanno sempre pagato il prezzo degli altri conflitti in Medio Oriente: Assad non è mai stato un grande sostenitore dei palestinesi; gli altri Paesi arabi hanno appoggiato, almeno politicamente e ideologicamente, la lotta dei palestinesi, ma hanno poi fatto ben poco per aiutarli concretamente nella loro lotta per avere uno Stato indipendente. Per cui, in questo momento, direi che hanno altre cose a cui pensare. Non vedo un sostegno concreto ai palestinesi. Quello che potrebbe succedere è che per motivi tattici interni – così com’è sempre stato – i Paesi arabi decidano che, invece, devono utilizzare la “carta palestinese” nei loro negoziati con i Paesi esterni, con l’Europa e con gli Stati Uniti soprattutto. Come vediamo, in questo momento l’Egitto è in difficoltà nei suoi rapporti con gli Stati Uniti. Questo è un segnale molto importante dei cambiamenti che teoricamente possono avvenire in tutto lo scacchiere. (mg)







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