Il demografo Blangiardo: rafforzare la famiglia è una risposta alla crisi
In Italia, “il gelo demografico è molto profondo e avrà ripercussioni, anche sul piano
sociale, non indifferenti”. E’ quanto sottolineato dal cardinale arcivescovo di Milano,
Angelo Scola, che ieri ha incontrato 150 giovani volontari impegnati in un percorso
di formazione in vista del VII Incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano
dal 29 maggio al 3 giugno prossimo. Proprio ieri, la Chiesa italiana ha celebrato
la “Giornata per la Vita” sul tema: “Giovani aperti alla vita”. Il titolo è stato
scelto, ha spiegato il porporato, come “proposta di un riscatto per la nostra Italia”:
riscatto che “è la convinzione precisa da parte della Chiesa che la famiglia è una
risorsa prioritaria e decisiva”. Sentiamo il commento di Giancarlo Blangiardo,
professore di demografia all’Università di Milano Bicocca nell’intervista di Debora
Donnini:
R. – Sicuramente,
stiamo già vivendo, da alcuni anni, una situazione di forte disagio dal punto di vista
demografico, che in qualche modo è attenuato per effetto del contributo dell’immigrazione:
la popolazione italiana è aumentata ancora un po’, ma semplicemente perché sono arrivati
gli immigrati. All’interno di questa popolazione, però, il contributo attraverso le
nascite, che dovrebbero dare vitalità al Paese, si è sempre più ridotto e anche qui
il contributo dell’immigrazione – cioè i bambini i stranieri nati in Italia, che comunque
è un importante contributo – non è sufficiente a pensare di invertire la tendenza.
Quindi, stiamo andando effettivamente verso una situazione sempre più difficile da
gestire rispetto ai grandi cambiamenti come quello dell’invecchiamento.
D.
– Qual è la situazione rispetto alla fecondità?
R. – La situazione rispetto
alla fecondità, quindi alla capacità di una popolazione come quella italiana di riprodurre
se stessa, è tradotta in un numero che è 1,4 figli per donna in media. Questo significa
che nell’arco di tutta la vita riproduttiva, alle condizioni attuali, ogni donna in
media dà alla luce 1,4 figli. Questo non consente di garantire il cosiddetto “ricambio
generazionale”, perché ce ne vorrebbero 2 per ogni coppia.
D. – Anche
a livello sociale ci sono poi delle ricadute…
R. – Certamente. Il fatto
di non avere un sufficiente ricambio, di non avere una popolazione giovane – e quindi
di avere la possibilità che questa popolazione si trasferisca poi nella popolazione
in età lavorativa e diventi in qualche modo produttiva – fa sì che l’equilibrio tra
le generazioni venga meno. Questo significa che la componente anziana, che continuerà
a crescere in prospettiva, non avrà alle spalle una forte componente in età produttiva,
in grado di garantire le risorse per poter poi mantenere non solo la parte delle pensioni,
ma forse - ancora più importante - il discorso relativo alla sanità. Quindi, rischiano
di saltare quelli che sono i grandi equilibri socio-economici che regolano un sistema-Paese
come può essere il nostro.
D. – Il cardinale Angelo Scola sottolinea
che la nostra società “non viene incontro ai bisogni oggettivi della famiglia e la
tratta come un fenomeno privato e di conseguenza diventa una tendenza il non generare
la vita”...
R. – Le cause di questa debolezza demografica sono essenzialmente
legate all’indebolimento della famiglia, al fatto che la famiglia è stata abbandonata
a se stessa e nonostante produca capitale sociale: di fatto, deve in qualche modo
arrangiarsi a mantenerlo e a fare tutto ciò che serve per poterlo poi formare ulteriormente.
L’assenza di aiuti ha creato questo tipo di situazione. C’è differenza tra l’Italia
e altri Paesi europei – la Francia è un caso classico – anche in termini di numero
di figli per donna: laddove da noi è 1,4, altrove arriva ai 2 figli che garantirebbero
il ricambio generazionale. Ma, naturalmente, altrove ci sono interventi da parte degli
organismi statali a difesa e in aiuto della famiglia, che consentono di sopperire
a una serie di difficoltà che inevitabilmente le famiglie oggi incontrano.
D.
– Quindi, è anche un problema di cultura e di mentalità: in Italia, la famiglia, non
è vista, spesso, come una risorsa...
R. – Esattamente. Si finge di non
capire, in realtà poi i fatti hanno dimostrato esattamente il contrario: la famiglia
svolge e svolgerà inevitabilmente un ruolo centrale anche per il rilancio e per l’uscita
da questa situazione un po’ particolare che stiamo vivendo in termini di crisi.
D.
– Il cardinale Angelo Scola tocca anche il tema dell’aborto. Basti ricordare che secondo
i recenti dati dell’Oms nel 2008 ci sono stati nel mondo 43,8 milioni di aborti.
R.
– Nel recente Rapporto sul cambiamento demografico, curato dal Comitato per il progetto
culturale della Cei, c’è un capitolo che parla del popolo dei non-nati. Noi dobbiamo
mettere in conto che in questo Paese, che fatica ad avere vitalità, ci sono stati
da quando è entrata in vigore la legge 194 quasi cinque milioni di bambini che non
sono nati. Al di là di tutte le considerazioni di natura etica, anche delle aride
considerazioni di convenienza economica ci portano a dire che abbiamo veramente perso
una risorsa. E se poi andiamo a vedere le cause, con un po’ di buona volontà spesso
si sarebbero potute eliminare. L’esperienza ci ha dimostrato che la famiglia è comunque
l’elemento portante del sistema-Paese Italia. Quindi, rafforzare la famiglia vuol
dire in qualche modo riuscire a rispondere a tutte le crisi che la società ci va ponendo
di fronte, e alle quali bisogna, in qualche modo, cercare di dare delle risposte.
(bi)