Un libro dedicato ai migranti del mondo quello di Rita Amabili-Rivet: "In mio figlio
vivrai per sempre"
Nelle campagne marchigiane dei primi decenni del secolo, la vita è dura, il lavoro
scarseggia. Per sfuggire ad un destino di povertà, Guido, 13 anni, emigra in Canada.
Qui tra pregiudizi e accoglienza, sacrifici e opportunità, inizia ad amare la nuova
patria senza dimenticare le proprie radici. Di tutto questo Rita Amabili-Rivet
racconta nel suo libro: “In mio figlio vivrai per sempre”, edito da Edarc. Un romanzo
intenso, dedicato a tutti i migranti del mondo e ai loro discendenti. Adriana Masotti
ha raggiunto telefonicamente in Canada l’autrice, che è figlia di Guido, il protagonista
del libro.
R. –Questo
passato dell’Italia ha rappresentato un momento davvero molto importante ed è anche
un esempio per il nostro presente. Questo passato ha fatto sì che diventassimo quello
che siamo oggi, in Canada. Gli italiani che sono emigrati, anni fa, adesso sono a
tutti gli effetti dei canadesi: hanno regalato, a questo nuovo Paese, la propria ricchezza,
decidendo di “piantare” proprio qui le loro radici. In Canada, adesso, accogliamo
altri immigrati. I canadesi considerano ormai gli italiani venuti qui molto tempo
fa, come cittadini canadesi e non come stranieri.
D. – Mi sembra importante
un aspetto, che anche lei sottolinea: la possibilità di conservare, dentro di sé,
l’amore per la patria lasciata ma, insieme, la possibilità di coltivare l’amore per
la terra di accoglienza…
R. – Sì, credo che questo sia un aspetto molto importante.
Una persona che arriva in un Paese straniero, porta con sé la cultura e la ricchezza
del suo Paese d’origine, che non deve assolutamente dimenticare. Per quanto riguarda
la mia famiglia, mio padre arrivò in Canada nel 1925. Sposò una francofona, una persona
che non conosceva personalmente il fenomeno dell’immigrazione, perciò era il solo
ad aver vissuto questa esperienza. Ha potuto però fare in modo che noi, come figli
di prima generazione, potessimo concretizzare quei valori che stavano così a cuore
ai nostri nonni. Per noi, è sempre stato importante ricordare e sottolineare la storia
che mio padre ha vissuto, ci siamo sempre sentiti molto attaccati alla sua terra.
D.
– Il personaggio principale del suo libro è Guido, suo padre, il “gigante buono” che
lei ha tanto amato. Era responsabile, generoso…
R. – Ho avuto la fortuna di
sentirmi davvero molto vicina a quest’uomo, ed ho potuto essere obiettiva quando volevo
raccontare il suo vissuto. Faceva parte di quelle persone che non hanno avuto la fortuna
di avere molto nella vita ma che, ogni giorno, hanno provato a fare del loro meglio
per andare avanti.
D. – Mi ha colpito molto anche il clima generale che si
respira nelle famiglie di cui il libro racconta le vicende, come anche altri personaggi.
Le donne, ad esempio: così forti, dedicate alla famiglia ed al lavoro, e poi il rapporto
di coppia così intenso tra i suoi genitori. La fede semplice ma profonda… C’è anche
un personaggio che non si comporta bene, che si dà al crimine. Possiamo però dire,
nel complesso, che ci troviamo di fronte a persone e famiglie, diciamo, d’altri tempi?
R.
– Sì, erano persone d’altri tempi che avevano un concetto di “famiglia” molto forte.
Per i personaggi femminili cerco sempre, come autrice, di fare uno studio particolare:
queste donne spesso così dimenticate, quando la vita non era così facile, avevano
davvero molto da fare, molte responsabilità sulle loro spalle.
D. –Adesso com’è
la sua vita lì, come si sente in Canada?
R. – Mi sento canadese, ma con qualcosa
d’altro, vorrei dire con qualcosa in più perché non posso dimenticare le mie radici,
quelle di mio padre. (vv)