I vescovi europei e la crisi dell'euro: oltre all'economia di mercato serve l'economia
del dono
E’ stato firmato ieri al parlamento europeo il Trattato sul Fondo salva-stati permanente.
Il fondo – che sarà un'istituzione finanziaria internazionale con base in Lussemburgo
– diventerà operativo nel prossimo mese di luglio e avrà risorse iniziali per 500
miliardi, grazie a 700 miliardi di capitale sottoscritto dagli Stati dell'Eurozona.
A margine di questi provvedimenti, mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale
della Comece – la Conferenza degli Episcopati della Comunità Europea – torna a parlare
dalla sede di Bruxelles della necessità di riscoprire il valore della responsabilità
e della solidarietà, come già sottolineato nel documento che i vescovi europei hanno
pubblicato a metà gennaio “Una comunità europea di solidarietà e responsabilità”.
L'intervista è di Antonella Palermo:
R. – Il problema,
in Europa, non è quello della mancanza dei soldi. E' importante che nella Chiesa siamo
per l’economia di mercato, ma c’è poi anche l’economia del dono. Adesso c’è la sfida
in senso pratico.
D. – La solidarietà tra i Paesi europei, secondo lei, rischia
di essere soltanto uno slogan?
R. – Io penso che questo sia un momento di prova.
Adesso, questa necessità di solidarietà è più urgente: l’euro non è soltanto una moneta,
ma rappresenta anche un simbolo dell’unificazione dell’Europa. Se perdiamo l’euro,
in questo momento perdiamo molto di più: perdiamo questo senso di comunità anche tra
le nazioni europee.
D. – Se potesse rivolgersi direttamente ai leader di Francia
e Germania, cosa direbbe loro in questo frangente storico così difficile?
R.
– Il fondamento dell’Unione Europea era anche questo rispetto della dignità di tutti
i Paesi. E’ molto importante che, in questo processo in cui si devono prendere decisioni,
tutti si sentano rispettati. Questo è importante per tutti i Paesi, per i piccoli
e per i grandi… Se vogliamo essere insieme, allora dobbiamo vivere come fossimo in
una famiglia. In Europa si parla della libertà, dell’uguaglianza e – la terza parola
– della fraternità. (mg)