2012-02-01 14:23:32

Egitto. Ancora in migliaia in piazza contro la giunta militare e i Fratelli musulmani


Si apre un nuovo capitolo nella crisi politica egiziana, dopo la rivolta che ha portato alla caduta del presidente Mubarak. Ieri, migliaia di giovani del movimento di piazza Tahrir sono nuovamente scesi in strada al Cairo per chiedere la fine della giunta militare e per protestare contro i Fratelli musulmani, usciti vincitori dalle ultime tornate elettorali. Quello che si può considerare come il movimento laico dell’opposizione teme, infatti, un accordo tra militari e movimento islamico che tradisca gli ideali della "primavera araba". Stefano Leszczynski ha intervistato Adib Fateh Alì, giornalista esperto di questioni mediterranee:RealAudioMP3

R. - In Egitto, i giovani che hanno inizialmente promosso la rivolta vorrebbero accelerare i tempi e sperano nella nomina veloce di un presidente che possa in qualche modo riequilibrare il rapporto con gli islamici. Gli islamici, dal canto loro, quando hanno visto che i risultati elettorali erano a loro favore hanno assunto una posizione più tollerante e di maggiore intesa con la Giunta militare. Ed è proprio questo quello di cui i giovani li accusano: che ci sia un’intesa segreta tra i Fratelli musulmani e la Giunta militare.

D. - Con questo atteggiamento troppo morbido nei confronti della Giunta militare, e così rigido invece nei confronti dei manifestanti di Piazza Tharir, i Fratelli musulmani non rischiano di perdere parte del consenso, che li ha portati finora al successo elettorale?

R. - I giovani della rivolta probabilmente contano proprio su questo: accentuare le divergenze in modo da far uscire allo scoperto questa presunta “intesa” segreta tra i Fratelli musulmani e la Giunta militare. E in parte, secondo me, un minimo di successo lo stanno avendo. Sicuramente, stanno facendo pressione proprio per accentuare le contraddizioni..

D. - Possiamo parlare di una rivoluzione mancata, che tra l’altro comporta anche gravissimi danni economici. Questo a cosa può portare nel lungo periodo?

R. - Il livello di povertà è salito dal 21% dell’anno scorso al 25%. E quando si parla di povertà, secondo gli standard egiziani, bisogna tenere presente che si tratta un reddito di 1,40 centesimi di euro al giorno. La situazione è assolutamente esplosiva, perché il Paese ha perso un moltissimo in termini di turismo, una voce che rappresenta il dieci percento del Pil nazionale.

D. - Come mai la comunità internazionale che è così rigida nei confronti di alcuni regimi, sembra aver accettato - tutto sommato - la presenza di un regime militare che sta portando invece il Paese verso la rovina...

R. – Nella strategia statunitense, è probabile che far arrivare gli islamici al potere sia un modo per sconfiggere Al Qaeda. In Egitto si lascia dunque che gli islamici arrivino al potere, con i militari a fare da garanti nei confronti della comunità internazionale, lasciando nelle loro mani un sistema di governo, approvato dalla maggior parte della popolazione, che poi è quella che li ha votati. (bi)







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