2012-01-31 16:01:05

Partnership: il nuovo rapporto per lo sviluppo dell'Africa


Il rapporto tra l'Africa e governi euronordoccidentali, organizzazioni internazionali, imprese multinazionali straniere e organizzazioni non governative è stato caratterizzato da disuguaglianza ed emarginazione. Sin dall’epoca coloniale, il continente prende ordini dalle capitali euronordoccidentali in cambio di aiuti condizionati e dell’appoggio a regimi impopolari. Alcune delle condizioni spesso hanno dato agli stranieri l'opportunità di sfruttare le risorse naturali dell'Africa e di influenzare la politica dei paesi, di danneggiare il sistema ecologico e minare i valori della cultura africana. I padri fondatori dell'Unione Africana hanno visto che questo tipo di relazione era dannoso per il futuro del continente e hanno cercato di cambiarlo. Nel documento che stabilisce l'istituzione della nuova partnership per lo sviluppo dell'Africa, NEPAD, in una sezione sulla storia dell’impoverimento del continente, essi fanno notare che "per secoli l’Africa è stata integrata nell'economia mondiale principalmente come fornitrice di materie prime e manodopera a basso costo. Questo ha significato il prosciugamento delle risorse dell'Africa piuttosto che il loro impiego per lo sviluppo del continente... Pertanto, l’Africa rimane il continente più povero, pur essendo una delle regioni più riccamente dotate del mondo.”Il NEPAD è stato integrato nell'agenda dell'Unione Africana nel 2001, come programma per dare la visione politica d’insieme per accelerare lo sviluppo del continente, e come stimolo per l’avvio di un nuovo rapporto basato sul principio di uguaglianza. Nell'introduzione al documento istitutivo, i padri fondatori hanno dichiarato che NEPAD "è una chiamata ad un nuovo rapporto di partnership tra l'Africa e la comunità internazionale, soprattutto i paesi altamente industrializzati, a superare il baratro di sviluppo che si è ampliato nel corso di secoli di rapporto ineguale ".

Che cosa è questa Partnership e quale è il suo ruolo nello sviluppo?
La definizione semplice è che la partnership proposta dal NEPAD è una relazione tra Africa e altre parti basata sulla fiducia, uguaglianza, rispetto reciproco e comprensione, condivisione delle responsabilità, dei rischi, delle risorse e dei talenti, per lo sviluppo di ogni paese del continente. La partnership è necessaria per evitare che un paese sfrutti un altro e per evitare la dipendenza, ma soprattutto perché lo sviluppo è un processo complesso che richiede massicci investimenti e quindi difficile per un singolo paese da raggiungere da solo, senza il contributo degli altri.
La questione rimane, tuttavia, se la partnership sia davvero possibile, data la storia del rapporto dell'Africa con altre parti del mondo, specialmente con il mondo euronordoccidentale. Infatti, la relazione tra Europa e Africa è molto antica e anche, per certi versi, molto speciale. Le coste del Nord Africa e dell’Europa meridionale hanno interagito intimamente nella nascita della moderna civiltà europea. Leopold Sedar Senghor parla, anche se in forma “romanticizzata”, dell’unione ombelicale tra Africa ed Europa, proprio a sottolineare questa intimità del rapporto. In seguito però, e molto meno felicemente, l’Europa ha coinvolto l’Africa nel tragico e male assortito matrimonio tra il traffico di schiavi, il colonialismo e l’apartheid, che ha gettato le fondamenta della moderna industrializzazione e del benessere dell’Europa e degli Stati Uniti d’America. Da allora, tutto cambiò. Ma ecco che al di là di questi tristi fatti storici, i leader africani sottolineano l’importanza di capire che il doloroso processo della “Conquista” ha sancito definitivamente la fine dell’era dei destini singoli e l’inizio di una nuova era per i popoli dell’Africa e della stessa Europa, sebbene forse ciò sia avvenuto loro malgrado: “non abbiamo avuto lo stesso passato ma avremo rigorosamente, da quel momento in poi, lo stesso avvenire”, ha affermato agli inizi degli anni ’60 lo scrittore ed attivista senegalese Cheikh Hamidou Kane. La partnership rilanciata nel NEPAD vuole essere lo stradario culturale e politico più sicuro per la costruzione effettiva di questa nuova era delle relazioni tra l’Africa e il mondo euronordoccidentale. Si sottolinea anzitutto, la necessità dello scambio culturale nello spirito di partnership tra Africa e Europa. La parola chiave, anche se non nuova, in questo documento del NEPAD è appunto “partnership”; ed è anche fonte di ostacolo alla realizzazione del programma stesso, perché nessuna definizione di partnership può eludere la nozione di uguaglianza. E l’uguaglianza è, ancora oggi, una cosa che il mondo euronordoccidentale si dimostra incapace di estendere agli altri, in particolare agli africani. Va da se che la partnership come slogan della retorica politica è una questione diversa e viene sbandierata spesso. Tuttavia i fatti passati e recenti - come ad esempio l’atteggiamento di totale disprezzo del mondo euronordoccidentale nei confronti dell’Unione Africana per quanto riguarda la gestione della crisi della Libia, un Paese membro dell’Unione Africana - è evocativo del mancato riconoscimento della partnership nel contesto politico. È stato, infatti, un classico atteggiamento, e che ricorda le parole del governatore britannico dell’antica Rhodesia, che negli anni cinquanta ha descritto la partnership tra neri e bianchi nel suo territorio come “il rapporto tra il cavallo e il suo cavaliere”. In effetti, per secoli l’Europa ha scelto, nei confronti dell’Africa e degli africani, l’alternativa animale, che automaticamente ha escluso la possibilità di un dialogo paritario: “si può parlare a un cavallo, ma non ci si aspetta certo che ci risponda”. In questo modo gli europei hanno sempre parlato, parlato e mai ascoltato, perché si immaginano di parlare con un animale a sembianze umane ma privo comunque di favella. “L’integrazione così ottenuta - dice Steve Biko - è una strada a senso unico dove i bianchi, e in modo più generale il mondo euronordoccidentale, fanno tutti i discorsi, dettano le regole e i neri, in particolare, e gli africani in generale, stanno a sentire”. Oggi però il negro, l’africano parla. E la parola è la misura della sua umanità che rivendica attraverso la richiesta della partnership e la fine della cooperazione allo sviluppo. Alla nostra domanda quindi - se è possibile oggi, nonostante il caso Libia, una partnership tra l’Africa e l’Europa e in maniera più generale tra l’Africa e il mondo eurnonordoccidentale - la risposta è sì, se i paesi che hanno sfruttato ed emarginato Africa per decenni sono disposti a cambiare politica e atteggiamento. Gli “aiuti condizionati” sono sempre stati il mezzo attraverso il quale gli sfruttatori hanno ottenuto l'accesso alle risorse dell'Africa. L’Africa non ha bisogno di aiuti condizionati, di cooperazione allo sviluppo. Ha piuttosto bisogno di tecnologia e capacità per trasformare le sue ricchezze ed ottimizzare le sue risorse umane e materiali per il bene del suo popolo. Ciò presuppone che essa definisca il proprio sviluppo e il tipo di rapporto di lavoro che intende avere con i suoi partner, soprattutto quelli che si dimostrano pronti a rispettare i suoi valori.
Purtroppo, episodi recenti, oltre al caso Libia già evocato, hanno dimostrato che alcuni paesi sono ancora determinati a trattare l’Africa come una colonia, come un partner minore o comunque come un continente che, come dice Hegel, ancora “dorme nel buio dell’infanzia”. Nel mese di novembre dell’anno scorso, durante il summit della Commonwealth, il Primo Ministro Britannico ha avvertito che avrebbe tagliato gli aiuti ai paesi che resistono alla legalizzazione dell'omosessualità. Nel mese di dicembre il Presidente USA ha minacciato che il suo paese sarebbe stato pronto a usare gli aiuti per obbligare i paesi a promuovere gli interessi degli omosessuali. Ora, l'omosessualità non fa parte della cultura africana e ovunque sul continente viene vista - a torto o a ragione, questo tocca agli africani discuterlo - come azione immorale, comunque un male sociale, una diminuzione della forza vitale umana e non il contrario. Ragion per cui la maggior parte dei paesi africani hanno delle leggi che la proibiscono. L'insistenza dei leader di questi due paesi, di vederla ufficialmente riconosciuta come uno dei valori africani, è un segno che la partnership con il mondo euronordoccidentale ha ancora una lunga strada da percorrere.
Ma, per fortuna, gli africani da tutte le parti del continente hanno reagito in difesa della cultura locale, mostrandosi orgogliosi dei propri valori e soprattutto pretendendo il rispetto della sovranità dei loro paesi e il rispetto dei principi della cultura africana, in questo caso considerati non negoziabili con gli aiuti stranieri di nessun genere.

E l’Africa cosa deve fare?
L’Africa deve incrementare l'integrazione regionale. Organismi regionali come la Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest, la Comunità dell'Africa Orientale, la Comunità di sviluppo dell’Africa Australe, l'Autorità Intergovernativa per lo sviluppo, la Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara, il Mercato comune per l'Africa Australe, la Comunità Economica dell'Africa Centrale e l’Unione del Magreb Arabo devono essere rafforzate. Dal punto di vista economico, il vantaggio dell'integrazione regionale risiede nel fatto che essa allarga il mercato per i beni e i servizi per ciascuno Stato membro, stimolando gli investimenti sia interni che esterni. Allo stesso modo, si mette l'organismo regionale in una forte posizione contrattuale perché gli Stati membri contrattano come gruppo e sviluppano posizioni comuni che spesso contribuiscono al conseguimento di risultati migliori durante i negoziati. In secondo luogo, il continente ha bisogno di sviluppare una forte partnership con i Paesi delle economie cosiddette emergenti (Brasile, Russia, Cina, India, Malesia, Singapore e Corea del Sud) in grado di offrire benefici reciproci. La maggior parte di questi paesi hanno dimostrato che non sono interessati ad accordi di sfruttamento ma ad accordi di pari opportunità tra i membri, e quindi di vera partnership.
Concludiamo questa riflessione con un’osservazione: gli Stati membri di organismi regionali devono essere più attivi nel promuovere la partnership, adempiendo le loro responsabilità come previsto, se vogliono ottenere risultati positivi. Essi non dovrebbero aspettare che sia il partner a fare tutto per loro. Insomma, “se vis partnership para te ipsum”.
John Baptist Tumusiime e Filomeno Lopes con il contributo di Festus Tarawalie e Padre Moses Hamungole








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