L'assemblea nazionale di “Religions for Peace”: impegno per pace, equità e disarmo
“L’altro come valore. Facilitare la conoscenza e l’accoglienza reciproca per un’Italia
più solidale e più aperta al futuro”, è il tema della Assemblea nazionale di “Religions
for Peace” (Wrfp), che si è svolta ieri a Roma presso la “Casa Accoglienza” del Complesso
ospedaliero “San Camillo”. Il servizio di Davide Dionisi:
Costruire
relazioni positive con gli immigrati e le minoranze, contribuire a un’evoluzione democratica
e pluralista delle rivoluzioni esplose in Nord Africa grazie all’iniziativa dei giovani
per affermare la propria dignità e richiedere libertà. E ancora: favorire la corresponsabilità
di fronte alla grave crisi strutturale che investe Italia, Europa e Stati Uniti, fino
a non molto tempo fa forze trainanti dell’economia mondiale. Questi gli argomenti
principali dell'assemblea nazionale di “Religions for Peace”: un impegno concreto
da condividere anche con coloro che non si riconoscono in prospettive religiose, per
estendere il rispetto concreto dei diritti umani, per contrastare le varie forme di
povertà e per il disarmo degli arsenali nucleari. Ma quali sfide attendono il Movimento
all’indomani dell’assemblea nazionale? Ce lo spiega Luigi De Salvia,
segretario generale della sezione italiana di “Religions for Peace”.
R.
– Nel nostro Paese, in particolare ci proponiamo intanto di creare l’accoglienza delle
specificità religiose, anche all’interno dei luoghi di cura, per esempio: questo è
un modo concreto per dare un segno di rispetto della dignità della persona, valorizzando
le proprie tradizioni e valorizzando il momento spirituale come centrale anche per
la cura. Poi, anche all’interno delle scuole ci sembra importante questo lavoro di
incoraggiare all’apertura: non dobbiamo considerare così automatico il fatto di accogliere
persone diverse per cultura. Certe volte, sottovalutiamo quello che c’è di più profondo,
di perplessità, di preoccupazione, di fronte a qualcosa che non si conosce. Il risentimento,
l’avversione, sono dinamiche forti e importanti: quindi, lavorare in positivo per
facilitare, per far conoscere e per affrontare le piccole o grandi contraddizioni
che sorgono, ci sembra centrale. Quando persone di religioni diverse danno testimonianza
che si può lavorare insieme sui valori condivisi, già danno credibilità.
D.
- Quali sono le difficoltà che incontrate nel promuovere la cultura del dialogo e
della cooperazione, ovvero i punti attorno ai quali ruota gran parte della vostra
attività?
R. – Con un approccio che tiene conto anche delle difficoltà
e delle resistenze, in realtà, non si incontrano grandi difficoltà. Spesso, le difficoltà
nascono quando proprio persone che si ritengono più aperte - che sembrano non avvertire
problemi di fronte alla diversità - sottovalutano le perplessità degli altri e si
crea quasi un’arroganza da parte di chi è più aperto. Anche questo crea difficoltà:
il non rispettare posizioni un po’ più tradizionali, anche tradizionaliste. Queste
difficoltà vanno capite. Certe volte, atteggiamenti un po’ impazienti e antirazzisti
creano più difficoltà di quanto si creda.
D. - Quanto sono interessati
i giovani al vostro progetto?
R. – Vedo che c’è un grosso interesse
ai vari livelli. Nei confronti dei giovani bisogna trovare anche le vie più adatte
e incontrare i loro temi specifici. Uno di quelli più importanti è il terreno dello
sport. Noi siamo coinvolti con altre associazioni in iniziative nelle quali - per
esempio il calcio, in particolare a Roma, ma l’esperienza di calcio sociale, che è
nata un po’ dal basso, si sta estendendo anche in altre città - attorno all’esperienza
sportiva si cerca di creare integrazione e formazione. Tra l’altro, anche esplicitamente,
questi giovani poi concludono il torneo con i cosiddetti incontri di spiritualità,
nei quali vogliono incontrare persone con sensibilità e tradizioni diverse. (bf)