Giornata di intercessione per la pace in Terra Santa: la storia di Angelica Calò Livnè
Come ha ricordato il Papa all'Angelus, si celebra oggi la quarta Giornata internazionale
di intercessione per la pace in Terra Santa: in 2500 città di tutti i continenti,
migliaia di persone pregano per la pace e la riconciliazione nella Terra di Gesù e
nel mondo. E da un kibbutz dell'Alta Galilea arriva la testimonianza di come la pace
sia possibile. A parlare è Angelica Calò Livnè, fondatrice del Teatro dell'Arcobaleno,
una compagnia di ragazzi ebrei, cattolici e musulmani impegnati ad abbattere i muri
del pregiudizio e dell'incomprensione. L'intervista è di Emanuela Campanile:
R. – Sono
andata a vivere in un kibbutz ed è una vita completamente diversa da quella che avevo
a Roma. Il nostro kibbutz si trova al confine con il Libano e questa è la prima cosa
che ha cambiato completamente la mia vita: dalla lingua al modo di pensare, al modo
di vivere, al vivere in una comunità. Già dal primo momento ho deciso di studiare
teatro, perché credevo che fosse un ottimo splendido strumento per l’educazione. Vivendo
in un posto come quello in cui vivo, dove sono circondata da, perlomeno, otto etnie
diverse e culture diverse, ho deciso di aprire appunto questa Fondazione, per educare
al dialogo attraverso le arti.
D. – Moltissimi i ragazzi che si fanno
coinvolgere in queste iniziative. E le loro famiglie?
R. – I genitori
sono molto, molto contenti, molto orgogliosi che gli sia data questa opportunità.
Da quando c’è questo teatro in questi dieci anni, noi siamo andati decine di volte
da loro e loro sono venuti da noi a cena; ci invitano ai loro matrimoni così come
noi li invitiamo alle nostre feste. Ci sono, però, molte persone che sono ancora molto
contrarie al fatto che i palestinesi si incontrino con noi. Ci sono molte correnti
negative.
D. – L’iniziativa della quarta Giornata internazionale di
intercessione per la pace in Terra Santa cade quasi in coincidenza con la Giornata
della memoria per ricordare le vittime dell’Olocausto. Perché è importante
ricordare?
R. – Te lo dico attraverso una testimonianza personale. Io
sono andata due volte con i miei ragazzi, i ragazzi del movimento giovanile, a fare
un viaggio, un pellegrinaggio in Polonia e il posto più terribile dove siamo arrivati
è stato Majdanek, che è uno dei campi di sterminio meno conosciuti, perché Birkenau,
Auschwitz e Treblinka sono conosciuti da tutti. Tu arrivi e, dopo aver fatto un giro,
aver visto i forni crematori, vedi una piazza enorme, coperta da un tetto e piena
di ossa frantumate. Questo perché? Perché le ossa nel forno crematorio non si disintegrano.
Quindi, dopo aver bruciato queste persone, prendevano le ossa e le raccoglievano tutte
in questo grande contenitore. Tu le guardi e dici: “Dio mio, ma come può succedere
una cosa del genere?” Sopra c’è un’iscrizione che dice: “Chi non ricorda la storia,
chi non conosce la storia, è destinato a ripeterla”. (ap)