"No" del Consiglio d'Europa all'eutanasia. Commenti di mons. Giordano e Carlo Casini
"Una pagina di riferimento per la difesa della vita e della sua dignità”. Così l’osservatore
permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, mons. Aldo Giordano,
valuta il “no” all’eutanasia espresso giovedì dall’assemblea del Consiglio d’Europa.
Massimiliano Menichetti ha raccolto ili commento del presule:
R. – Ciò
che in questo testo è molto positiva è un’affermazione che si è riusciti a introdurre:
l’eutanasia intesa come uccisione volontaria per atto, oppure omissione, di un essere
umano in condizioni di dipendenza, a suo presunto beneficio, deve essere sempre proibita.
Quindi, affronta un problema molto complicato, molto complesso, e anche il testo in
questione non è esente da qualche ambiguità. Tuttavia, l’avere inserito chiaramente
l'affermazione che l’eutanasia deve essere sempre proibita mi sembra di grande importanza
nel contesto giuridico culturale europeo. Per questo, dobbiamo certamente ringraziare
i parlamentari che si sono impegnati nel proporre certi emendamenti, di diversi gruppi
politici, specialmente del gruppo dei Popolari presieduto dal parlamentare italiano
Luca Volontè. Quindi, in questo senso, questa affermazione diventa un riferimento
importante per la difesa della vita e per la difesa della dignità della vita.
D.
– Un’altra espressione presente è che, in caso di dubbio, bisogna sempre preservare
la vita e prolungarla…
R. - Credo che questa affermazione rispecchi
una sapienza secolare, un principio della nostra storia. Adesso, abbiamo la speranza
che questo testo sia autorevole, sia tenuto in conto per le decisioni che si prendono
a livello europeo e a livello nazionale in questo ambito così delicato, così complicato.
In particolare, speriamo che questa affermazione che proibisce l’eutanasia sia un
riferimento per le corti e anche per la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
D.
– Eccellenza, quando si parla di Europa spesso si presenta un’Europa lontana dal cristianesimo,
contro la vita. Non sembra, dunque, essere così...
R. – Un altro segnale
che esiste è che sta prendendo la parola un’Europa che vuole recuperare con serietà
il senso del mistero della vita e anche del mistero della morte e quindi il fatto
che noi non possiamo essere proprietari della vita e proprietari della morte, perché
sono realtà talmente grandi e talmente misteriose che non possono essere affidate
al nostro libero arbitrio. E’ falso citare la libertà per andare contro la vita, per
disprezzare la vita o addirittura per eliminare la vita. Questa non è libertà: la
libertà è sempre la libertà di rispettare un bene. Interpreto questo come un segnale
positivo a livello di cultura, anche di una certa cultura che si ritiene dominante
e che invece non lo è: perché quando l’Europa parla, allora è un’Europa nel suo insieme
che cerca i valori, cerca il rispetto di ciò che è più importante per l’esistenza
degli uomini.
D. – L’auspicio, dunque, è che si stia andando verso un
certo risveglio dell’Europa, che va contro il concetto dominante di libertà?
R.
– Quando l’Europa più complessa, più ricca, prende la parola, allora c’è un’altra
realtà più profonda che viene probabilmente da radici più lontane, che esprimono invece
un’altra visione dell’umanità e soprattutto un’altra visione della libertà: cioè,
una libertà che fa riferimento a un bene da cercare, a un bello e a un vero, perché
sono il bello, il vero, l’amore e il bene che rispondono ai veri desideri dell’uomo.
Io sento anche che c’è un po’ di stanchezza e un po’ di tristezza verso una certa
cultura che ha dimenticato l’esistenza del bene, del bello e del vero. Si comincia
a sentire questa tristezza e ciò forse dà più coraggio alle voci che invece vogliono
ritornare a una scoperta o a una nuova scoperta di questa profondità dell’uomo che
è radicata seriamente nel Vangelo, nel cristianesimo. (bf)
Di provvedimento
molto importante parla anche il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini,
che presenta però alcune ombre. In Italia, rimarca, serve una legge che metta ordine,
interpreti correttamente la decisione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa
e freni le derive eutanasiche. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:
R. – Il fatto
che si dica in modo formale e solenne ancora una volta – per la verità, in sede assembleare
era già successo anche al parlamento europeo, negli anni Novanta – è positivo. Ed
è positivo che il voto netto sia il "no" all’eutanasia, sia attiva sia passiva: passiva
dovrebbe voler dire anche non fare niente per evitare la morte.
D. –
Questo documento contiene però anche delle ombre, perché si parla di testamento biologico,
di disposizioni anticipate di trattamento e si chiede agli Stati con forza di allinearsi…
R.
– Nella seconda parte, con molta forza si insiste sulla necessità di legiferare sul
testamento biologico da parte dei Paesi che ancora non hanno legiferato, equiparando
le normative: quindi, disposizione anticipata di trattamento, testamento biologico,
nomina permanente di un rappresentante… Insomma, tutte cose che chiedono gli avversari
in Italia. L’equiparazione al testamento biologico è assai pericolosa.
D.
– In sostanza: un conto è parlare di dichiarazioni anticipate di trattamento, un’altra
è parlare di testamento biologico oppure di “direttive”, che è il termine usato dall’Assemblea
del Consiglio d’Europa …
R. – Nel caso in cui una persona perda la capacità
di intendere e di volere, mancando l’attualità del suo dissenso, non si sa che cosa
direbbe se fosse cosciente, e quindi non hanno valore obbligatorio tutte le parole
che la persona ha detto prima. Ecco il motivo per cui noi parliamo di “dichiarazioni”
anticipate, che hanno anche loro un loro peso ma che non sono vincolanti per il medico,
che deve sempre scegliere per la vita. Invece, questo testo – purtroppo – è un testo
che nella sua parte finale parla di direttive anticipate (in francese: "directives
anticipées"), di testamento biologico e di procure definitive, che implicano un valore
vincolante, obbligatorio per il medico anche quando il paziente ha perso la coscienza.
Ora, questo è – secondo me – assai pericoloso, perché se non c’è una chiarificazione
diventa una spinta ad approvare qualcosa di simile al testamento biologico. In Italia,
non poche proposte che chiedono il testamento biologico cominciano con un articolo
nel quale si dice: “Noi siamo contro l’eutanasia”. Non basta essere contro l’eutanasia:
bisogna anche disciplinare correttamente la situazione in cui un soggetto abbia perso
la capacità di intendere e di volere.
D. - Perché altrimenti si dice:
“Non siamo contro l’eutanasia”, ma nella sostanza si va in quella direzione…
R.
– Nella sostanza, nella condizione in cui il paziente ha perso la conoscenza, le sue
dichiarazioni precedenti sono vincolanti per il medico. Se il paziente ha detto: "Non
voglio essere curato", bisogna che il medico si adegui, che non lo curi e lo lasci
morire. E questa è esattamente una forma di eutanasia passiva ed è certamente grave.
D.
– In Italia, si dibatte sulla necessità di una legge che metta ordine. Quali sono
i punti principali di una normativa che tuteli la vita e non vada incontro alla morte?
R.
– La dichiarazione anticipata di trattamento – è importante la parola "dichiarazione"
– non vuol dire "disposizione", questo è il primo punto. La disposizione è un atto
di volontà: io voglio che si faccia così. La dichiarazione è, invece, una manifestazione
di desiderio: io preferisco, io vorrei, io indico qual è il mio pensiero. Cosa che
avviene sempre: quando un malato viene visitato dal medico ed è pienamente cosciente,
il medico non impone la cura, ne parla insieme col paziente. Certamente, il medico
non può fare niente se il paziente non è d’accordo. Quando il paziente ha perso la
coscienza, questo dialogo medico-paziente, che si chiama "alleanza terapeutica", non
può più avvenire. Allora, il problema qual è? Noi non sappiamo cosa sarebbe successo
se il paziente fosse stato cosciente, se avesse conosciuto la situazione reale nel
momento in cui avrebbe dovuto ricevere le cure possibili. Quindi, è giusto tenere
in considerazione i desideri espressi dal paziente, ma non debbono essere vincolanti.
Allora, la differenza fondamentale tra le dichiarazioni anticipate di trattamento
– che secondo il giudizio mio e della stessa Chiesa sono lecite – e il testamento
biologico è questa: che il testamento biologico è obbligatorio, quindi ha un effetto
vincolante. Se il paziente dice: "Lasciatemi morire, voglio morire", questo è un impegno
che va rispettato. Dunque, ciò che fa la differenza è il carattere vincolante o non
vincolante per il medico: se il medico mantiene la sua libertà terapeutica oppure
no.
D. – Questa risoluzione del Consiglio d’Europa contiene dunque una
deriva verso il testamento biologico?
R. – Sì. Tanto più che si parla
di direttive anticipate: direttive, non dichiarazioni, che potremmo ancora interpretare
come manifestazione di desiderio. Ma le si mettono accanto al testamento biologico
senza fare la differenza: questa è l’ombra. Allora noi dobbiamo interpretare questa
parola "direttiva" nel senso di dichiarazione anticipata. Ecco perché – insisto –
bisogna che questa legge italiana sia presto approvata, in modo da dare un senso positivo
anche a questa parte oscura del testo approvato dal Consiglio d’Europa. (gf)