Il Papa alla Dottrina della Fede: ecumenismo nella verità, cristiani uniti per riportare
Dio all'uomo
La crisi della fede è la più grande sfida per la Chiesa di oggi: per questo è più
che mai necessaria l'unità dei cristiani. Così, in sintesi, il Papa che stamani ha
ricevuto in udienza, nella sala Clementina in Vaticano, circa 70 partecipanti alla
plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Benedetto XVI si è soffermato
su alcuni aspetti del cammino ecumenico, sul quale ha riflettuto la stessa plenaria
del dicastero in coincidenza con la conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità
dei cristiani. Il servizio di Debora Donnini:
“Siamo davanti
ad una profonda crisi di fede” in vaste zone del mondo, “ad una perdita del senso
religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi”. Parte da questa
considerazione il Papa sottolineando che la priorità nell’impegno della Chiesa intera
deve essere “il rinnovamento della fede”:
“Auspico che l’Anno della
fede possa contribuire, con la collaborazione cordiale di tutti i componenti del Popolo
di Dio, a rendere Dio nuovamente presente in questo mondo e ad aprire agli uomini
l’accesso alla fede, all’affidarsi a quel Dio che ci ha amati sino alla fine, in Gesù
Cristo crocifisso e risorto”.
Un compito, questo, strettamente legato
al tema dell’unità dei cristiani. Benedetto XVI si sofferma su alcuni aspetti dottrinali
che riguardano il cammino ecumenico della Chiesa, sul quale ha riflettuto la stessa
plenaria della Congregazione in coincidenza con la conclusione della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani. I dialoghi ecumenici, ricorda, hanno portato
“non pochi buoni frutti” ma esige “la nostra vigilanza” il rischio di “un falso irenismo
e di un indifferentismo, del tutto alieno alla mente del Concilio Vaticano II”:
“Questo
indifferentismo è causato dall’opinione sempre più diffusa che la verità non sarebbe
accessibile all’uomo; sarebbe quindi necessario limitarsi a trovare regole per una
prassi in grado di migliorare il mondo. E così la fede sarebbe sostituita da un moralismo
senza fondamento profondo. Il centro del vero ecumenismo è invece la fede nella quale
l’uomo incontra la verità che si rivela nella Parola di Dio”.
“Senza
la fede – prosegue il Papa – tutto il movimento ecumenico sarebbe ridotto ad una forma
di ‘contratto sociale’ cui aderire per un interesse comune" mentre la logica del Concilio
Vaticano II è diversa: “la ricerca sincera della piena unità di tutti i cristiani
è un dinamismo animato dalla Parola di Dio, dalla Verità divina che ci parla in questa
Parola”.
Per il Pontefice, “il problema cruciale” nei vari dialoghi
ecumenici è “la questione della struttura della rivelazione – la relazione tra Sacra
Scrittura, la Tradizione viva nella Santa Chiesa e il Ministero dei successori degli
Apostoli come testimone della vera fede”. Qui è implicita, sottolinea ancora, “la
problematica dell’ecclesiologia che fa parte di questo problema: come arriva la verità
di Dio a noi”. E fondamentale, fra l’altro, è qui il discernimento tra la Tradizione
e le tradizioni. E Benedetto XVI ricorda che “un importante passo di tale discernimento”
è stato compiuto nell’applicazione dei provvedimenti per gruppi di fedeli provenienti
dall’anglicanesimo, che desiderano entrare nella piena comunione della Chiesa, conservando
le proprie tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali, che sono conformi alla fede
cattolica. Il Papa riconosce, infatti, “una ricchezza spirituale nelle diverse Confessioni
cristiane, che è espressione dell’unica fede e dono da condividere e da trovare insieme
nella Tradizione della Chiesa”.
Un’altra questione fondamentale è quella
dei “metodi adottati nei vari dialoghi ecumenici”, che devono anche questi riflettere
“la priorità della fede”:
"In questo senso, occorre affrontare con
coraggio anche le questioni controverse, sempre nello spirito di fraternità e di rispetto
reciproco”.
Bisogna anche “offrire un’interpretazione corretta di
quell’ordine o 'gerarchia' nelle verità della dottrina cattolica, rilevato nel Decreto
Unitatis redintegratio". Il Papa poi sottolinea la rilevanza dei “documenti di studi”
prodotti dai vari dialoghi ecumenici ribadendo però che sono contributi offerti alla
competente autorità della Chiesa che “sola è chiamata a giudicarli in modo definitivo”.
Ascrivergli invece “un peso vincolante o quasi conclusivo delle spinose questioni
dei dialoghi”, senza la valutazione dell’Autorità ecclesiale, “in ultima analisi,
non aiuterebbe il cammino verso una piena unità nella fede”.
Per Benedetto
XVI sarà anche importante parlare “con una voce sola” sulle “grandi questioni morali
circa la vita umana, la famiglia, la sessualità, la bioetica, la libertà, la giustizia
e la pace”. E questo attingendo alla Scrittura e alla tradizione della Chiesa. “Difendendo
– dice – i valori fondamentali della grande tradizione della Chiesa, difendiamo l’uomo,
difendiamo il creato”.
Quindi il Papa auspica collaborazione fra la
Congregazione per la Dottrina della Fede e il Pontifico Consiglio per la Promozione
dell’Unità dei Cristiani per “promuovere efficacemente il ristabilimento della piena
unità fra tutti i cristiani”. La divisione fra i cristiani, infatti, è di scandalo
al mondo e si oppone alla volontà di Cristo, conclude il Pontefice ricordando che
l’unità è “non solo il frutto della fede” ma anche “un mezzo e quasi un presupposto
per annunciare in modo sempre più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora
il Salvatore”.