Kenya: la Commissione giustizia e pace chiede elezioni pacifiche
Una campagna elettorale ed una votazione pacifica: è quanto chiede l’arcivescovo Zaccheus
Okoth, presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del
Kenya. Il Paese africano, infatti, si prepara alle elezioni generali, le prime dopo
l’approvazione della nuova Costituzione. Secondo quanto stabilito dall’Alta Corte
di Nairobi, le consultazioni legislative e presidenziali si terranno a marzo del 2013,
a meno che l’attuale governo di unità nazionale – formatosi nel 2008, in seguito alle
violenze post-elettorali che provocarono centinaia di vittime e di sfollati – si sciolga
prima della conclusione del suo mandato. Mons. Okoth è intervenuto, nei giorni scorsi
a Nairobi, alla conferenza nazionale sul tema “Preparazione del Kenya verso le elezioni
generali”; l’evento è stato organizzato dall’Hekima Institute, il Centro studi per
la pace e le relazioni internazionali. Nel suo discorso, mons. Okoth ha invitato tutti
i kenioti ad andare a votare e a vivere serenamente la campagna elettorale; alle donne,
ai giovani e ai disabili il presule ha chiesto di assumere, con coraggio, ruoli di
leadership, mentre ai cittadini ha lanciato un appello affinché sostengano la nuova
Costituzione ed il governo delegato, senza paura. Tuttavia, il presule ha puntato
il dito contro la scarsa educazione civica dei kenioti e la mancanza di informazione
sull’attuazione della nuova Carta fondamentale: “L’educazione civica deve essere insegnata
alla popolazione – ha detto – L’esperienza del 2008 è ancora nella memoria di molte
persone e ciò ci dà l’opportunità di costruire una nazione unita”. L’arcivescovo di
Kisumu ha poi messo in luce i temi principali su cui riflettere in vista delle prossime
elezioni, ovvero la riconciliazione nazionale, la cittadinanza e la Carta dei diritti
fondamentali; dal suo canto, la Chiesa è stata esortata a lavorare in difesa del diritto
alla vita. Infine, mons. Okoth ha lanciato un appello al dialogo, esortando i leader
politici a non ricorrere alla coercizione o alla corruzione, bensì a permettere elezioni
libere ed eque, evitando la violenza. (I.P.)