2012-01-25 14:06:38

Australia: appello della Chiesa sul soggiorno dei richiedenti asilo


Non più di tre mesi. Tanto restino i richiedenti asilo nei Centri di permanenza temporanea dell’Australia. A chiederlo è la Commissione episcopale locale per la Giustizia, l’ecologia e lo sviluppo: in una nota pubblicata in vista dell’Australia Day, la Festa dell’indipendenza che ricorre il 26 gennaio, i presuli ribadiscono che “la detenzione prolungata e indefinita dei richiedenti asilo nei Centri di permanenza temporanea (Cpt) non può che produrre danni psicologici”. “Le proteste di massa, i gesti di autolesionismo ed i suicidi di cui siamo stati testimoni nel corso degli anni – si legge nella nota – dimostrano che le dure condizioni di vita nei Cpt acuiscono i traumi già vissuti da persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni. E una vasta gamma di esperti ed operatori sanitari ha identificato nella detenzione prolungata ed indefinita il fattore principale della comparsa e dell’acuirsi delle malattie mentali”. Di qui, l’accento forte posto dai vescovi sul fatto che “la permanenza nei Cpt dovrebbe servire solo a stabilire l’identità dei richiedenti asilo e a garantire che essi non siano una minaccia per la sanità o la sicurezza dell’Australia”. Ma ciò non basta: la Commissione episcopale richiama anche l’attenzione sul modo in cui la comunità accoglie tali persone, che “non vanno giudicate prima di aver ascoltato la loro storia”. I richiedenti asilo, sottolineano i vescovi, “non sono una questione legale, ma una questione di diritti umani, anzi una questione morale”. L’appello della Chiesa allo Stato, dunque, è a “trattare l’argomento come un tema umanitario”, evitando che “esseri umani diventino pedine di un dibattito politico”, anche in nome di quella “generosità australiana che, nel corso degli anni, ha fornito rifugio a popolazioni indifese, in fuga dalla loro patria”. Una tradizione di accoglienza che, concludono i vescovi, “ha reso le persone orgogliose di essere australiane”. (I.P.)







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