"La piccola comunità al servizio dell’evangelizzazione". Così Kiko Arguello iniziatore
del Cammino neocatecumenale
Sono ritornati nei loro Paesi i 1200 itineranti, famiglia in missione, sacerdoti e
seminaristi del Cammino neocatecumenale, che domenica scorsa hanno concluso un incontro
internazionale a Porto San Giorgio, nelle Marche, con una Messa presieduta dal cardinale
Cañizares, prefetto della Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino. Un incontro
culminato venerdì scorso con l’udienza in Vaticano con Benedetto XVI che ha inviato
17 “missio ad gentes” nelle zone più secolarizzate del mondo e nel quale è stata letta
l’approvazione del Decreto delle celebrazioni del Direttorio catechetico del Cammino
che segna le varie tappe dell’iniziazione cristiana. Roberto Piermarini ha
chiesto a Kiko Argüello, iniziatore del Cammino neocatecumenale insieme a Carmen
Hernandez, cosa lo ha colpito dell’incontro con il Papa:
R. – Il suo
amore per noi e la sua parola che è stata così potente e forte nel parlare dell’Eucarestia.
Ha ribadito l’Eucarestia della domenica che nel Cammino viene celebrata nella piccola
comunità. Ha voluto dire che riconosce la forza e la potenza della comunità per la
salvezza della Nuova evangelizzazione. La comunità fa presente, nell’amore vicendevole
dello Spirito Santo, l’arrivo del regno di Dio. Oggi molti pagani, molte persone secolarizzate,
forse non vanno in Chiesa ma sono molto stupite per come noi ci relazioniamo, per
come ci amiamo. Ci sono stati molti casi di persone che ci hanno chiesto il Sacramento
del Battesimo, e questo semplicemente vedendo come ci amiamo, perché notano, in noi,
qualcosa di nuovo. Questo “qualcosa di nuovo” è la presenza dello Spirito Santo, perché
Cristo dice: “Amatevi come io vi ho amato”.
D. “La maturazione progressiva
nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire – ha detto il Papa al
Cammino – l’inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale”. Come si attua
nel Neocatecumenato questo inserimento?
R. - Ad un certo punto del Cammino,
facciamo una pastorale di mediazione: invitiamo cioè le comunità a lavorare nella
parrocchia, ad esempio nel fare la catechesi per i fanciulli o a visitare ai malati.
Inoltre, celebriamo le grandi solennità nella grande assemblea della parrocchia. Il
Natale, per esempio, lo festeggiamo con tutta la parrocchia, come pure il Giovedì
Santo, il Venerdì santo, la Domenica delle Palme, la Pasqua ed anche la festa della
parrocchia stessa. L’importante è che il parroco capisca di aver trovato una grande
grazia con il Cammino, che è un dono, un carisma per la sua parrocchia.
D.
– Nell’incontro di questi giorni a Porto San Giorgio, molte famiglie in “missione
a gentes” hanno raccontato la loro esperienza. Che cosa ti ha colpito della loro testimonianza?
R.
– E’ stato davvero fantastico vedere che alcune famiglie in missione già da sei anni,
erano ancora piene di gioia e dimostravano così la presenza di Cristo. Significa che
Dio è con loro, che le aiuta, con i loro sei o dodici figli, con i problemi di lavoro
che possono avere. Sono tutte consolate. Sono felicissime di questa missione, perché
si rendono conto che al di fuori della comunità c’è tanta tenebra, ci sono persone
distrutte. Non possiamo neanche immaginare quanta gente, in Europa, è distrutta. Molti
hanno problemi con l’alcool, sono soli, e vengono da noi per farsi aiutare. Noi facciamo
quindi le catechesi nelle nostre case, e questa gente – vicina o lontana che sia –
viene da noi e la sera rimane anche dopo aver finito l’incontro, perché gli fa piacere
rimanere in compagnia della comunità...
D. – Questo quindi, é un nuovo
modo di evangelizzare?
R. – Sì, è un nuovo modo di evangelizzare. Abbiamo
visto che oggi, in molti casi, la struttura della parrocchia del secolo scorso, strutturata
come un grande tempio, per i ‘lontani’ è ormai obsoleta: la gente non va in chiesa…
e non si sa il motivo. Nelle nostre case, invece, le persone vengono, magari anche
per via dell’amicizia e della vicinanza che viene loro data. Questo, allora, è una
nuova presenza di Chiesa. Il cardinale tedesco Meisner ad esempio, ha voluto tre “missio
ad gentes” a Colonia in alcune zone difficilissime. E’ una specie di nuovo tipo di
parrocchia, con una struttura più semplice, più ad hoc. Si creano così una nuova forma
di Chiesa, perché il mondo sta cambiando, come sta cambiando anche tutta la società.
D.
– Molti giovani chiedono di diventare sacerdoti e molte ragazze vogliono entrare nella
vita religiosa. Perché tante vocazioni nel Cammino catecumenale?
D.
– Credo che, a parte il fatto che Dio dà delle grazie particolari, uno dei primi motivi
è l’importanza della piccola comunità. Ai nostri giovani piace moltissimo l’Eucarestia
celebrata nella propria comunità dove tutti sono parte attiva. Perciò, si rendono
conto che per far sì che questo sia fattibile, servono molti preti, perché le comunità
sono tante. Quindi offrono loro stessi, vogliono essere presbiteri, ed offrono il
proprio corpo ad una sposa che è la comunità cristiana. Anche le ragazze avvertono
che tutta l’evangelizzazione ha bisogno di una ‘retroguardia’, di una base, che é
la preghiera contemplativa e l’unione con Gesù Cristo. Molte ragazze che sono nelle
Carmelitane scalze, ci dicono di avere coraggio, perché pregano per noi. Abbiamo moltissime
giovani anche nelle Benedettine: moltissimi monasteri delle Marche sono pieni di ragazze
provenienti dal Cammino. Abbiamo più di 100 suore di Betlemme ed anche la presenza
nelle Clarisse è alta. Siamo contentissimi di queste sorelle, anche perché questo
si traduce, in qualche modo, in ricchezza per le comunità: quando una ragazza decide
di entrare in un monastero di clausura infatti, tutta la sua comunità va a farle visita,
l’aiuta, le chiede di pregare per tutti loro. E’ una forma di ricchezza per tutta
la comunità.
D. – Perché hai voluto comporre una “sinfonia-catechetica”
sulla sofferenza degli innocenti?
R. – Sentivo che volevo dare un omaggio
alla Vergine Maria, perché mi impressiona davvero molto la sofferenza della Vergine
sotto la Croce. Ho una grande sensibilità da questo punto di vista ed ho visto tanta
gente che non comprende il perché della sofferenza. La madre che ha il proprio figlio
malato di cancro, che sta per morire soffrendo terribilmente, non ne capisce il motivo,
non comprende il perché di tanta sofferenza. Si chiede continuamente: “perché?”. Questa
domanda: “perché tutta questa sofferenza?”, la Madonna l’ha vissuta nella sua carne
di madre, vedendo suo Figlio torturato in modo indicibile, sottoposto appunto alla
crocifissione. Questo, per me, è stato uno spunto molto importante: ho lasciato tutto
e sono andato a vivere con i poveri nelle baracche di Madrid, proprio perché ho avuto
modo di incontrare la sofferenza degli innocenti. Ad esempio, una donna mi ha chiesto
aiuto perché veniva picchiata dal marito ed era costretta a prostituirsi. Ho visto
cose orribili, e mi sono chiesto perché questa donna soffriva così: che peccati ha
fatto! In questo luogo così orribile, ho trovato un’altra donna, che soffriva del
morbo di Parkinson ed era stata abbandonata dal marito, che chiedeva l’elemosina.
Aveva anche un figlio, e quando lei tornava a casa questo figlio la picchiava con
un bastone. Mi chiedevo: “perché questo, ma perché, che significa tutto ciò?”. Sono
arrivato ad una risposta: in Cristo, Dio ha incarnato l’innocente per eccellenza,
ed ho pensato che, dato che c’è la presenza di Cristo nella Santa Eucarestia, la sua
presenza c’è anche in tutti coloro che soffrono, che si caricano i peccati degli altri.
Quindi, ho lasciato tutto e sono andato a vivere nelle baracche, dove vivevano anche
questi innocenti perseguitati. Sono voluto andare vicino a Cristo. Ho pensato: “magari
se domani arriva Cristo, mi piacerebbe che oggi mi trovasse così vicino ai poveri”.
(vv)