Costa Concordia. Ritrovato altro corpo, 16 le vittime accertate. La testimonianza
del parroco del Giglio
La tragedia del Giglio. Ritrovata un’altra vittima nel ponte 3 della Costa Concordia.
I dispersi che mancano all’appello sono ora 22, mentre 16 le vittime accertate. Intanto,
questa mattina sono cominciati i rilievi per le operazioni di recupero del carburante.
Dalla notte del 13 gennaio circa 700 naufraghi sono stati accolti nella chiesa parrocchiale
dedicata ai Santi Lorenzo e Mamiliano, Patroni dell'Isola, che si trova nella zona
del Porto. Massimo Pittarello ha intervistato il parroco, don Lorenzo Pasquotti,chiedendogli qual è il senso e il valore che ha trovato nella sofferenza:
R. - Il senso
della sofferenza, la condivisione, l’opportunità di stare vicini, di dare un’occasione
per testimoniare la nostra speranza: questo è ciò che dobbiamo fare. Domenica scorsa,
nella predica durante la Messa, ho detto che nella visione economica della salvezza,
anche questo dolore ha una funzione redentrice. Come puoi spiegarlo ai genitori, ai
parenti che cercano ancora i dispersi? Nell’altra possibilità, il dolore è vano, la
sofferenza è vana.
D. - Nelle difficoltà, gli uomini si sono scoperti
più solidali?
R. - Certo. La gente del Giglio è gente di mare, sa cosa
vuol dire una tragedia di mare, anche perché sono soprattutto naviganti, non sono
pescatori. C’è gente che sa cosa vuol dire il mare, quali sono le insidie del mare.
Una disgrazia del genere non si era mai verificata, però l'abbiamo affrontata comunque,
ci siamo tirati su le maniche e siamo andati avanti. Poi si fa quello che si può,
ci si riesce con l’aiuto di Dio, nel nome del Signore, e poi il Signore ci aiuterà.
Noi ci mettiamo il nostro, il Signore ci mette il suo.
D. - È vero che
la notte del 13 gennaio, quando ha aperto le porte della parrocchia dei Santi Lorenzo
e Mamiliano, ha utilizzato tutto ciò che aveva a disposizione, per dare conforto ai
naufraghi, comprese le tonache dei chierichetti e tovaglie dell’altare?
R.
- Non glieli ho dati io. Li hanno presi loro quando sono arrivati. Quando le cose
che si potevano dare erano già state prese ed usate, questo è ciò che rimaneva. Glieli
ho lasciati, non ho fatto nessuna storia. Mi piaceva l’idea che i Santi o la Madonna
li coprissero. Mi sembrava anche un valore simbolico.
D. - È vero che
ha allestito un piccolo spazio con ad esempio il Crocifisso, il tabernacolo oltre
ad oggetti del naufragio provenienti dall’interno della nave come giubbotti di salvataggi
ed un megafono?
R. - Abbiamo messo su un tavolo tutto quello era rimasto
nella chiesa quando, la mattina del sabato, i naufraghi erano qui sulla terraferma.
Dopo tre-quattro giorni, ci hanno portato anche il tabernacolo con il piccolo Crocifisso
che era di fianco. Adesso, ci porteranno la statua della Madonna che si trovava nelle
cappella. Vorremo conservare tutto in una piccola cappella adiacente alla chiesa,
affinché rimanga come memoria, come segno, come testimonianza di quella notte.
D.
- Ha qualche storia di particolare umanità da raccontare?
R. - Gente
infreddolita che stava rannicchiata per terra tutta bagnata, perché magari si era
buttata in mare. E allora li abbiamo aiutati ad alzarsi, li abbiamo portati in casa,
li abbiamo cambiati, gli abbiamo dato qualcosa di caldo da bere, anche gli anziani,
i bambini… Andavo in giro con le caramelle, con qualche dolcetto per attenuare un
po’ il disorientamento. Insomma, tutti abbiamo fatto qualcosa. Loro ci guardavano
con un sorriso di gratitudine, vedevano che noi cercavamo di fare quello che potevamo.
Non avevamo niente. Cercavamo di fargli capire che eravamo con loro, eravamo dalla
loro parte. (bi)