La comunità cattolica pakistana contro la demolizione della “Gosha-e-Aman” di Lahore
La comunità cattolica di Lahore non si rassegna alla demolizione della “Gosha-e-Aman”,
il “luogo di pace” che accoglieva cristiani e musulmani, avvenuta lo scorso 10 gennaio
ad opera del governo provinciale del Punjab. Un abbattimento condannato da mons. Lawrence
Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, che parla della “Gosha-e-Aman”, come di “un’istituzione
antica e degna di rispetto”, posseduta “in pace dalla Chiesa per 125 anni” e usata
“a fini di carità”. L’istituto “Gosha-e-Aman”, fondato nel 1887, è circondato da due
acri di terreno, dal valore di miliardi di rupie. Al suo interno si trovavano una
casa di accoglienza per anziani, una scuola per ragazze, un convento e una cappella
per la preghiera. Si tratta di un’“evidente violazione dei diritti delle minoranze”,
ha aggiunto il prelato all'agenzia AsiaNews, ”il governo è a corto di fondi”. e per
questo cerca “facili obiettivi per sanare il deficit di bilancio”. Mons. Saldanha
afferma inoltre che i cattolici possono e devono continuare nella protesta e “lanciare
appelli alla comunità internazionale: io stesso mi sono rivolto al Dipartimento per
la libertà religiosa in Canada”. L’arcivescovo auspica che la pressione internazionale
“sortisca un effetto positivo e i mafiosi in cerca di terra non riescano a spuntarla
nei loro intenti criminali”. I fedeli, intanto, chiedono la restituzione della proprietà
e il risarcimento dei danni; in caso contrario, avvisano, le proteste continueranno
sino a che le autorità soddisferanno le loro domande. Tra di loro Zenobia Richards,
61 anni, che lavora da 24 anni per la Caritas pakistana e viveva nella “Gosha-e-Aman”.
La donna ha promosso una vertenza legale, sottoscrivendo una petizione all’Alta corte
e citando in causa l’Autorità per lo sviluppo cittadina, insieme ad altri funzionari.
“Era un centro di pace”, racconta Zenobia, “molti ricordi mi legano a quel posto.
Per questo ho voluto intentare una causa contro quanti hanno demolito l’edificio che
io chiamavo casa”. Durante le operazioni di demolizione, gli operai hanno distrutto
anche una statua della Madonna e diverse copie della Bibbia: “Ero solita pregare in
questo posto” aggiunge Zenobia, ed è per questo che “intenterò una causa in base al
reato di blasfemia”, perché hanno “dissacrato una chiesa e materiale religioso in
casa mia”. “Non si tratta solo di un pezzo di terra “, aggiunge, “ma di emozioni,
sentimenti, diritti delle minoranze in Pakistan”. Dice di non avere “paura di nessuno”
e punta il dito contro il ministero per le Minoranze del Punjab: “combatterò per i
miei diritti”, conclude, confermando di aver depositato oggi il ricorso in tribunale.
Intanto emerge che uno dei funzionari di polizia presenti durante l’abbattimento dell’edificio
era il responsabile della sicurezza a Gojra, nell’agosto 2009, quando una folla di
estremisti attaccò la minoranza cristiana locale, causando sette morti, arsi vivi,
e incendiando numerose case e proprietà. (M.R.)