Usa: nelle primarie in South Carolina, netta vittoria di Newt Gingrich
L'ex speaker della Camera, Newt Gingrich, ha vinto nettamente le primarie repubblicane
in South Carolina col 40 per cento dei voti, staccando di ben 12 punti Mitt Romney,
fermo al 28 per cento. Terzo, l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum col
15 per cento dei consensi. Il risultato della South Carolina riapre la sfida per la
nomination repubblicana. E’ quanto sottolinea il prof. Federico Romero, americanista
dell’Università di Firenze, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Sicuramente
i giochi sono aperti. Non è più la campagna che si poteva immaginare fino a qualche
giorno fa con una specie di cavalcata trionfale di Romney... E’ una contesa assolutamente
aperta in cui si fronteggiano due, forse, ipoteticamente, anche tre candidati, perché
non è detto che Santorum sia già completamente escluso. Sostanzialmente queste candidature
riflettono diverse propensioni della base del partito repubblicano: da una parte quella
più conservatrice che tende a radunarsi attorno a candidati - come era stato Santourm
in Iowa, adesso Gingrich in South Carolina - che riflettono un’immagine pura e dura
del partito; dall’altra quelli che sono meno rigidi sotto il profilo ideologico, meno
radicali, che vedono in Romney un candidato che ce la può fare a battere Obama. Romney,
poi, ha il vantaggio di avere un apparato e una quantità di soldi decisamente superiore
agli altri.
D. – Dopo i caucuses in Iowa, Gingrich sembrava fuori gioco.
Come è stata possibile questa rimonta in così pochi giorni?
R. - Questo
è uno degli aspetti, in parte, nuovi di questa campagna. Da un lato perché ci sono
stati candidati, come il governatore del Texas, Perry, che sono arrivati alla campagna
con una limitata preparazione, con una propensione a fare errori anche ingenui – nei
dibattiti televisivi, per esempio -, a fare dichiarazioni assolutamente fuori luogo
e quindi inciampare in gaffe e importuni vari. Gingrich, tra l’altro, potrebbe benissimo
essere soggetto a questo, perché è una persona molto imprevedibile. L’altro aspetto,
più cruciale, è il fatto che in questa campagna elettorale noi abbiamo per la prima
volta una totale libertà di intervento, a fianco della campagna elettorale, di campagne
pubblicitarie televisive da parte di chiunque voglia metterci dei soldi e, tra l’altro,
potendolo fare in forma anonima. Questo vuol dire che gruppi di pressione, i più vari,
possono intervenire e lo stanno facendo con campagne pubblicitarie rivolte a favore
o contro un candidato e, quindi, con una capacità di alterare ciò che le stesse campagne
elettorali dei candidati possono mettere in pubblico in una maniera che fino ad oggi
non era ancora mai stata possibile. Ciò rende la campagna molto imprevedibile.
D.
– Imprevedibile ma di certo c’è che queste primarie repubblicane non si risolveranno
a breve… Tutto a vantaggio di Obama?
R. – Diciamo che è probabile, però
resta da vedere. Una campagna prolungata delle primarie repubblicane sicuramente mostra
un partito diviso, magari inasprisce le tensioni tra le sue diverse componenti… Non
è detto però che di per sé indebolisca il candidato che poi risulterà vincente.
D.
- In tutto questo qual è la strategia adottata al momento dalla campagna elettorale
di Barack Obama?
R. – Finora è stata quella di stare a guardare e di
lasciare che lo spettacolo di un partito repubblicano diviso si giocasse di fronte
all’elettorato intero. Probabilmente nei prossimi mesi inizierà a definire la sua
candidatura, il suo profilo, con più chiarezza, presumibilmente contrastando il ruolo
di guida dell’economia del Paese che lui e il partito democratico affidano al governo
federale, con il messaggio sostanzialmente antistatale che emerge dalla campagna repubblicana,
in particolare se vincesse un candidato radicale come Gingrich, il cui obiettivo dichiarato
è quello di smantellare il settore pubblico. (bf)