Bosnia-Erzegovina. Allarme del cardinale Puljic: cresce il fondamentalismo islamico
Le autorità della Bosnia-Erzegovina non stanno affrontando l’ascesa del radicalismo
islamico. L’allarme arriva dal più importante vescovo cattolico del Paese, il cardinale
arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic, il quale ha richiamato l’attenzione sulla crescita
dell’estremismo nel Paese dei Balcani durante una visita al quartier generale dell'organizzazione
caritatevole cattolica, Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) con sede a Königstein,
in Germania. Secondo il porporato - riferisce l'agenzia Zenit - la crescente islamizzazione
della Bosnia-Erzegovina viene finanziata dai radicali in Medio Oriente. “Centri islamici
e moschee sono state costruite in molti luoghi con i petrodollari dall’Arabia Saudita”,
ha detto il cardinale Puljic. Durante l’intervista a Königstein, il porporato ha sottolineato
la diffusione del wahhabismo, un movimento di riforma islamica, che è la religione
ufficiale dell’Arabia Saudita. Il wahhabismo è stato collegato, da molti commentatori,
a movimenti terroristici come Al Qaeda. L’arcivescovo di Sarajevo ha dichiarato che
in Bosnia-Erzegovina ci sono già da 3.000 a 5.000 wahhabiti e che il gruppo sta cercando
di aumentare la sua influenza nella società. “Nessuno nel governo ha il coraggio di
fare qualcosa per impedire questo sviluppo”, ha dichiarato il cardinale Puljic. Secondo
il rapporto di Acs "Persecuted and Forgotten?" sull’oppressione dei cristiani, più
di 100mila giovani musulmani bosniaci sono venuti in contatto con l’islam wahhabita,
attraverso organizzazioni come Active Islamic Youth, Furqan e il Muslim Youth Council.
“Negli ultimi anni – ha proseguito il porporato - nella sola Sarajevo sono state costruite
almeno 70 nuove moschee”. Secondo i rapporti, l’Arabia Saudita ha finanziato a Sarajevo
la ricostruzione della moschea Husrev Begova, eliminando anche i mosaici interni,
come richiede l’estetica wahhabita. Un’altra nuova moschea, la “Re Fahd”, che è il
più grande luogo di culto islamico di tutta la Bosnia-Erzegovina, è stata descritta
in un rapporto come una “calamita” per fondamentalisti musulmani. Mentre le moschee
sono state costruite o restaurate, il cardinale Puljic ha fatto notare che servono
anni per ottenere un permesso per costruire chiese, aggiungendo che i beni della Chiesa
confiscati durante il comunismo non sono ancora stati restituiti. Secondo Puljic,
il governo “non ha alcun interesse a restituire alla Chiesa Cattolica la sua proprietà”,
mentre, nella maggior parte dei casi, la proprietà musulmana è stata restituita. L’arcivescovo
di Sarajevo ha aggiunto che “i cattolici sono sistematicamente svantaggiati” e ha
chiesto parità di trattamento per i cattolici nel lavoro, nell’istruzione e negli
altri settori della vita. Nonostante questi problemi, il cardinale ha affermato che
la Chiesa cattolica sta cercando maggiore cooperazione tra i diversi gruppi etnici
e religiosi. “Noi siamo una minoranza, ma siamo una forza costruttiva che vuole contribuire
al successo della società”, ha detto. Nell’ambito del programma, cattolici, musulmani
e serbo-ortodossi lavorano insieme per promuovere la tolleranza, la non violenza e
il rispetto reciproco. I musulmani costituiscono circa il 40% della popolazione del
Paese, i serbo-ortodossi il 31% e i cattolici il 10%. Dei circa 820.000 cattolici
che vivevano in Bosnia-Erzegovina prima della guerra (1992-1995), ne sono rimasti
solo 460.000 e l’emigrazione continua. (R.P.)