A Roma il primo centro notturno d'emergenza per minori stranieri
Dall’otto dicembre scorso, a Roma, è attivo il primo Centro notturno di emergenza
italiano per minori stranieri non accompagnati. L’iniziativa, presentata ieri alla
stampa, è promossa da Intersos in collaborazione con Save The Children e la Cooperativa
Civico Zero. C’era per noi Benedetta Capelli:
Si chiama
“A28”: un nome che richiama l’ubicazione del centro, via Aniene 28. I locali sono
ampi e luminosi, ci sono docce, posti letto e computer ma soprattutto c’è la serenità
di un ambiente famigliare, cosa rara per i ragazzini che qui arrivano dopo lunghi
ed estenuanti viaggi della speranza. Dall’apertura ad oggi la struttura ha ospitato
67 minori di età compresa tra 14 e i 18 anni, in maggioranza afghani, e una mamma
con due bambini di 2 e 10 anni per un totale di 167 pernottamenti. Tutti sono stati
avvicinati dagli operatori della Cooperativa Civico Zero nei pressi della stazione
Ostiense, luogo ormai di ritrovo ma essenzialmente un’area in disuso e priva di qualsiasi
condizione igenico-sanitaria. Dopo un primo colloquio nel centro diurno della Cooperativa,
i ragazzi hanno la possibilità di dormire nel centro A28, lavarsi e fare colazione.
Alessandro Uberti, responsabile della struttura, parla di un
bilancio positivo dell’esperienza e racconta così i minori che arrivano:
“La
cosa interessante è che nonostante la drammaticità del viaggio che stanno facendo
– perché ancora non l’hanno concluso – restano comunque degli adolescenti, quindi
con una grande allegria, voglia di scherzare e di stare insieme. E’ chiaro che poi,
nel momento in cui i nostri mediatori approfondiscono le storie, i vissuti, escono
fuori cose un po’ più pesanti. In particolare, il tratto del viaggio tra le montagne
della Turchia, o il passaggio dalla Grecia all’Italia sono i momenti più drammatici
e più pericolosi; sono passaggi che possono compiere, probabilmente, soltanto ragazzi
di quell’età, sia per un discorso di peso corporeo – l’ultimo tratto spesso lo fanno
attaccati ai camion che entrano in Italia – sia per un discorso di spirito: infatti,
molti se la vivono come un’avventura. Immaginare un adulto che faccia lo stesso percorso,
è impensabile veramente!”
L’arrivo a Roma è solo una tappa di un
itinerario che li porterà da altre parti. Ancora Alessandro Uberti:
“Loro hanno un’idea molto alta dei sistemi di ‘welfare’ del Nord
Europa. Secondo loro, la qualità dell’accoglienza promossa dai Paesi del Nord Europa
è migliore di quella italiana. Per questo, scelgono comunque di continuare il viaggio.
Roma è stata scelta perché è la sosta intermedia tra Patrasso e Parigi, e quindi si
fermano il tempo necessario per riorganizzarsi e poi continuano il loro viaggio”.
Ad accoglierli nella capitale ci sono anche ragazzi che in passato
hanno fatto lo stesso identico viaggio. E’ il caso di Mohammad Musavi,
mediatore di Civico Zero di Save The Children:
R. – I motivi per cui
lasciano l’Afghanistan sono sostanzialmente la guerra e per motivi di sicurezza. Addirittura,
spesso vengono mandati via dalle famiglie, piccoli come sono, in realtà per proteggerli,
per farli stare lontani da quel contesto.
D. – Com’è il tuo approccio
quando incontri questi ragazzi? Da parte loro che reazione c’è?
R. –
Molto tranquilla ed amichevole. Ovviamente, quando sanno che di fronte hanno un proprio
connazionale, sono molto più tranquilli.
D. – Anche tu hai una storia
simile?
R. – Anche io ho una storia simile, diciamo così. Anche se nel
passato lontano, comunque ho vissuto più o meno le stesse cose. Ciò che è importante
è che si riesca a dimenticare un poco il proprio viaggio e dedicarsi all’altro, cosa
che io cerco di fare.
Secondo dati diffusi dall’Acnur, Alto Commissariato
Onu per i rifugiati, l’Afghanistan è il Paese dal quale si scappa di più, vanta il
più consistente numero di rifugiati nel mondo. In totale un rifugiato su 3 è afghano.
La situazione nel Paese asiatico nelle parole di Staffan de Mistura,
sottosegretario agli Affari Esteri:
“L’Afghanistan ha due sindromi:
una è quella di voler avere il controllo del proprio futuro. Gli afghani lo vogliono:
sono gente fiera. Migliaia di anni di fierezza … E dall’altra parte, la sindrome di
non essere abbandonati. Quindi, il messaggio che dobbiamo dare è quello che – credo
– stiamo tutti dando, e dovremo dare sempre di più: vi lasciamo gestire le vostre
cose, che vuol dire ridurre le nostre truppe, ridurre il nostro impegno militare e
ridurre anche – francamente – i finanziamenti militari; gradualmente, come stanno
facendo tutti: gli americani per primi. Ma nello stesso tempo, assicurarvi che non
vi abbandoneremo, sia pure con una priorità: se volete ricevere aiuto, ricordatevi
che noi siamo entrati in Afghanistan non soltanto perché era una risposta a “Nine-Eleven”
e contro Bin Laden, ma anche perché i diritti umani e le donne in Afghanistan avessero
un futuro migliore”.
In Italia, la situazione dei minori afghani
non accompagnati sta sollevando un problema legislativo perché mancano le norme che
li tutelano. Vincenzo Spadafora, Garante nazionale per l’infanzia
e l’adolescenza:
“L’impegno principale del Garante è proprio quello
di presentare al Parlamento le proposte che possano andare nell’interesse esclusivo
dei minori. Quindi, io vorrei tenere non oltre il mese di febbraio una riunione con
le associazioni e con tutti quei soggetti – soprattutto l’Acnur, Save the Children
– che da anni si occupano di minori stranieri, e soprattutto di minori stranieri richiedenti
asilo: questo, infatti, è il vero problema. Noi dobbiamo “normare” questo tipo di
accesso, cioè la richiesta di asilo. Quindi, mettere intorno ad un tavolo queste realtà
per formulare un’unica proposta che a nome di tutte queste associazioni io poi presenterò
e solleciterò al Parlamento. Questo credo che sia anche il percorso metodologico che
vorrei affrontare in futuro per altri temi, proprio come “Authority”: cioè quello
di riuscire a far mettere intorno ad un tavolo tutte le persone che si occupano di
un tema, arrivare alla proposta condivisa migliore nell’interesse del bambino e poi,
come “Authority”, svolgere il ruolo che mi compete, cioè fare pressione sul Parlamento
fino a che non vedremo realizzati i nostri provvedimenti”. (gf)