Corno d'Africa. Oxfam e Save the Children: migliaia di morti per i ritardi negli interventi
Decine di migliaia di vite perse nel Corno d’Africa a causa del ritardo degli interventi
umanitari. La denuncia arriva da Oxfam e da Save the Children, organizzazioni non
governative, che lanciano un appello al Forum economico Mondiale e agli Stati membri
Unione Africana affinché agiscano preventivamente nei confronti delle nuove minacce
di crisi alimentare, che questa volta potrebbero colpire l’Africa Occidentale. A Elisa
Bacciotti, portavoce di Oxfam, Stefano Leszczynski ha chiesto perché la
comunità internazionale si sia mossa così in ritardo nel Corno d’Africa:
R. – Senza
dubbio governi e istituzioni internazionali hanno sottovalutato i primi segnali che
indicavano già dalla metà del 2010 che la regione stava entrando in uno stato di grave
crisi ambientale ed alimentare. In realtà, quando si è iniziato ad agire, nel luglio
2011, quindi un anno dopo, la situazione era già grave in termini di perdite di vite
umane.
D. – Chi ha patito maggiormente questi ritardi sono stati i
bambini…
R. – Si pensi solo che nel periodo aprile-agosto 2011, quindi
proprio prima che la crisi fosse conclamata, sono stati stimati tra i 50 mila e i
100 mila decessi, di cui più della metà di bambini sotto i cinque anni: vite che sarebbe
stato possibile risparmiare se si fosse intervenuti prima.
D. – I governi
e le organizzazioni internazionali imputano questi ritardi ad una situazione resa
difficile dai conflitti in corso nella regione…
R. – Sappiamo tutti
che intervenire in Somalia è abbastanza problematico per una serie di cause, ma ad
esempio intervenire in Etiopia nelle prime fasi della siccità sarebbe stato assolutamente
possibile.
D. – Spesso le organizzazioni non governative sono quelle
che riescono ad intervenire in maniera più tempestiva. Cos’è invece che provoca questi
ritardi nel sistema istituzionale?
R. – E’ sicuramente un atteggiamento
attendista e una certa fatica del donatore che, spesso, è alle prese con più emergenze
contemporaneamente. In questo senso è sempre più necessario passare da un approccio
reattivo nei confronti dell’emergenza - che spesso poi si traduce in frammentazione,
in scoordinamento, in interventi che non riescono ad essere efficaci -, ad un meccanismo
preventivo in termini di investimento nelle zone del mondo che già sappiamo essere
vulnerabili ed essere a rischio rispetto ad all’insorgere di crisi alimentari e di
crisi ambientali. Ad esempio, oggi l’Africa occidentale è una regione minacciata dal
rischio di una crisi alimentare, che potrebbe colpire milioni di persone. Abbiamo
già i primi segnali di deterioramento della situazione ambientale. In alcune aree
del Niger e nel Sahel; è il momento adesso di intervenire e non quando sarà troppo
tardi e si accenderanno i riflettori dei media.
D. – Le vostre organizzazioni
hanno individuato nel Forum economico mondiale, che si riunisce la settimana prossima,
e nell’Unione Africana, le due controparti, capaci di realizzare un intervento tempestivo.
R.
– Oxfam e Save the Children, insieme ad altre organizzazioni, hanno promosso la ‘Carta
per farla finita con la fame estrema’. E’ una Carta che chiede ai governi dei Paesi
in via di sviluppo, in primo luogo ai governi dell’Unione Africana, un impegno preciso
per mettere in atto quelle politiche, quei meccanismi di prevenzione delle crisi,
che sono necessari per farla finita con la fame estrema e anche per reagire ad emergenze
di natura ambientale o alimentare. (ap)