Crisi economica al centro del faccia a faccia Monti Van Rompuy
Non c’è stato il temuto lunedì nero dei mercati dopo il declassamento di mezza Europa
deciso da Standard & Poor’s, che ieri ha abbassato il rating anche del Fondo Europeo
salva-Stati. Ieri a Roma il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, ha avuto
colloqui al Quirinale con il capo dello Stato Napolitano e a Palazzo Chigi con il
premier Monti. Il capo del governo ha poi incontrato i leader dei partiti che appoggiano
l’esecutivo. Il servizio è di Giampiero Guadagni:
Dopo aver
espresso apprezzamento per il lavoro del governo Monti, il presidente del Consiglio
europeo Herman Van Rompuy, in una conferenza stampa congiunta con il premier, ha anche
annunciato che il trattato Fiscal compact, sul patto di bilancio, verrà firmato a
marzo. Sentiamo l’economista Stefano Zamagni, intervistato da Debora Donnini:
“Il Fiscal
compact è un atto dovuto e va fatto con una certa emergenza. Il punto è il modo: si
può prendere questo patto e siglarlo e, al tempo stesso, impegnarsi a far partire
una politica fiscale europea comune. Una politica che attendiamo da ben 10 anni. Quindi
sì, dobbiamo calmare i mercati e le loro mire egoistiche ed aggressive per via dell’emergenza,
però attenzione a non dimenticare l’obiettivo primario. Quando io parlo di una politica
fiscale comune intendo dire una governance”.
E in un’intervista al
Financial Times Monti ha chiesto ai Paesi forti dell’Europa, come la Germania, di
adottare misure per favorire la ripresa dell’Italia. Dello stesso parere il presidente
della banca Centrale Europea, Draghi, che inoltre ha ridimensionato il ruolo delle
agenzie di rating. E sugli sviluppi della crisi in Europa, Antonella Palermo ha intervistato
Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior:
R. - La mia
risposta è molto semplice: siamo di fronte ad un nuovo ordine mondiale, in cui il
potere economico è stato trasferito dall’Occidente all’Oriente. È evidente che l’Europa,
come tra l’altro gli Stati Uniti, ne sta soffrendo. Non è “K.O.” come Europa politica,
ma dal punto di vista economico, è in grande difficoltà.
D. - Sono stati esagerati
i commenti alle classifiche dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che ha declassato
Italia, Francia, Spagna e altre sei nazioni europee?
R. - Che tipo di valutazioni
potrebbero mai dare, le società di rating, su un sistema occidentale, che negli ultimi
25 anni, ha spaccato il mondo in due, tenendo in Occidente soltanto un’attitudine
consumistica, creando quindi un’area economica di consumi, trasferendo sostanzialmente,
grandissima parte delle produzioni, in un altro emisfero? Abbiamo spaccato il mondo
in due, dobbiamo rendercene conto. Abbiamo creato un mondo di consumatori in Occidente,
e di produttori non ancora consumatori, in Oriente. Ora è ovvio che quando in questa
crisi, che è stata creata a debito, il debito non viene tenuto in piedi, non è più
sostenibile con il sistema, il mondo si ritrova che il mondo occidentale che non ha
più le caratteristiche della ripresa economica della crescita, che sono state trasferite
da un’altra parte. Che cosa dovrebbero mai dire le società di rating? Che siamo bravi,
soltanto perché facciamo quattro manovre che tendono a ridurre la spesa pubblica?
È chiaro che le agenzie di rating dovrebbero, semmai, spiegare meglio, ed essere più
consapevoli della gravità degli effetti e delle conseguenze dei rating che danno.
Dovrebbero spiegare molto meglio. La società di rating dovrebbe anche fornire indicazioni
-secondo me- come fanno gli auditor che ti dicono ad esempio: “Il suo bilancio lo
certifico a queste condizioni”, e nelle condizioni, ti dicono che cosa si dovrebbe
fare per avere una crescita del rating. È evidente che le agenzie di rating, prescindendo
che siano tutte americane, prescindendo che qualcuno sospetti che siano a supporto
dell’esigenza del mondo Nordamericano, di competere con l’Europa nel collocamento
del debito: sappiamo, infatti, che gli Stati Uniti hanno nazionalizzato il debito
dei privati, e questo conseguentemente adesso questo debito che non è sostenuto dalla
Fed, compete con il debito europeo nei collocamenti. È evidente che il sospetto, che
le agenzie di rating, penalizzino il debito europeo ci sia; però prescindendo da questo
sospetto, che cosa mai dovrebbero dire le agenzie di rating?
D. – Lei è d’accordo
con quanti affermano che linea politica di Merkel e Sarkozy stia portando al suicidio
dell’Europa?
R. - Il nostro è un problema europeo, è un problema di competitività.
Oggi il mondo è cambiato, siamo di fronte ad un nuovo ordine mondiale, dove i prodotti
più importanti, il 60-70 percento dei consumi totali ormai sono producibili in un’area
geografica dove costano meno. Il nostro sistema occidentale è costoso, quindi noi
dobbiamo -se vogliamo competere per poter avere occupazione, per poter avere una presenza
produttiva a livello mondiale- ritrovare la nostra competitività. È chiaro che non
esiste la competitività europea. Esiste la competitività italiana, la competitività
spagnola, francese, tedesca... Conseguentemente all’interno di un’Europa che ha una
moneta, ma non ha un sistema di governo dell’economia, chi è più bravo soffre nei
confronti di vedere chi è meno bravo.
D. - Tra alcuni giorni Merkel, Sarkozy
e Monti si incontreranno a Roma. Qualcuno dice che le premesse di un altro venerdì
nero ci siano tutte. Lei come guarda a questo vertice, che auspici esprime?
R.
- Ovviamente non so quali siano l’ordine del giorno e l’agenda. So solamente quello
che ci metterei io in agenda, se fosse possibile poter proporre..In questa agenda,
noi dobbiamo scrivere che la cosa più importante è la ripresa economica del sistema
europeo. Inoltre, in questo incontro dobbiamo spiegare che è il mondo occidentale
che deve riavviare l’economia, e quindi non basta l’Italia da sola o l’Italia e la
Spagna … ma l’Europa e gli Stati Uniti insieme, perché quello che ci ha portato progressivamente
in questa situazione di difficoltà è stato un sistema occidentale tra Stati Uniti
ed Europa, quindi l’uscita deve essere concordata fra Stati Uniti e l’Europa. E cosa
si deve concordare? Si deve concordare il sistema di rilancio della nostra economia
per ritrovare la competitività.
D. - Si apre la settimana delle liberalizzazioni
in Italia, i malumori sono consistenti: in che misura serviranno?
R. - Prima
di tutto bisogna vederle: bisogna vedere cosa si intende, come vogliono farle, e con
quali caratteri. Il rischio è che in Italia ci portino via il sistema industriale:
il prezzo con il quale oggi si può acquistare un sistema industriale finanziario in
Italia è a supersconto. Il grande rischio è che noi ci vediamo sottrarre il sistema
industriale e questo non ci permetterebbe di controllare due cose: l’investimento
del risparmio e l’occupazione. (bi)