2012-01-16 15:10:03

La Fao sulla sicurezza alimentare: migliora la situazione in Somalia, non c’è accordo sulla crisi nel Sahel


Oltre 300 esperti da tutto il mondo convocati per tre giorni nella sede della Fao a Roma per dibattere di sicurezza alimentare, su come valutarla e fronteggiarla. Ad aprire il Simposio sarà domani il direttore generale dell’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, José Graziano da Silva. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Luca Russo, economista della Fao, tra i responsabili organizzativi dell’incontro, che sarà preceduto oggi pomeriggio da una Tavola rotonda sul caso Somalia.RealAudioMP3

D. – Dr. Russo, ci sono novità, in questo campo certamente strategico per il futuro dell’umanità?

R. – La novità principale è che a livello politico c’è un’attenzione sempre più forte alla questione di capire cosa succede rispetto alla sicurezza alimentare. Diciamo che i grandi Paesi a livello di grandi decisioni, sempre più vogliono sapere dove si trovano i maggiori problemi di carestia e di insicurezza alimentare e vogliono che le varie agenzie – non soltanto la Fao, ma le altre agenzie partner come il Programma alimentare mondiale – arrivino a conclusioni comuni. Infatti, uno dei grandi problemi del passato è che le varie agenzie avevano sistemi di analisi diversi e quindi avevamo analisi diverse, che a volte erano anche in contraddizione tra di loro. Quindi, questo Simposio è incentrato proprio su questo: assicurarsi che le varie agenzie che lavorano intorno all’analisi dell’insicurezza alimentare arrivino a conclusioni comuni e adottino metodologie comuni per avere un messaggio unico rispetto al problema dell’insicurezza alimentare.

D. – Quindi buone notizie, nel senso che il lavoro delle agenzie dell’Onu verrà maggiormente recepito dalle istanze politiche, appunto, che poi devono prendere provvedimenti?

R. – La mia impressione è che negli ultimi tre-quattro anni, anche dopo la crisi del 2008 con l’aumento dei prezzi agricoli, forse anche con alcuni cambi di amministrazione, compreso quello negli Stati Uniti, a livello globale ormai si considera assolutamente intollerabile che ci siano ancora un miliardo di persone che soffrono la fame. Da qui nasce una richiesta per un’analisi più approfondita, più consensuale rispetto a questi temi.

D. – Sappiamo che nel pomeriggio si terrà un incontro sulla Somalia. Come è stata gestita lì l’emergenza carestia?

R. – I sistemi di allerta precoce che in Somalia funzionano piuttosto bene – la Fao, che lavora insieme al World Food Programme e ad altre agenzie – già da settembre 2010 avevano incominciato a suonare alcuni campanelli d’allarme, ma la comunità internazionale – per una serie di motivi che saranno discussi questo pomeriggio – ha agito in ritardo, solo quando nel luglio 2011, quindi dieci mesi dopo, fu dichiarata ufficialmente la carestia in Somalia. In quel momento, la comunità internazionale si è ‘risvegliata’ ed è intervenuta, e sicuramente gli interventi, anche se in ritardo, sono stati estremamente utili. La situazione, in questo momento, in Somalia, è migliorata e anche le prospettive di recupero sono piuttosto buone.

D. – Quindi, importante è allertare in anticipo ma poi anche intervenire. Forse è per questo che adesso si parla di previsione di carestia nel Sahel con anticipo, prima che le conseguenze siano tragiche?

R. – Esatto, ma, per esempio, sul Sahel, in questo momento, non c’è un consenso assoluto rispetto alla gravità della crisi. Cioè, ci sono alcune agenzie che hanno opinioni diverse rispetto a quanto sia grave la crisi.

D. – Quindi è bene arrivare ad un coordinamento?

R. – E’ fondamentale soprattutto per i politici che devono poi prendere delle decisioni. Se non c’è un accordo consensuale rispetto ad una carestia, e se non ci sono fatti a comprovare il rischio in corso, c’è ovviamente un’ulteriore lentezza da parte della comunità internazionale per quanto riguarda le azioni da intraprendere. (gf)







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