Juppé in Myanmar. La figlia di un dissidente liberato: cautela sulle aperture dei
militari
Visita storica del capo della diplomazia francese Alain Juppé in Myanmar: oggi il
ministro degli Esteri ha incontrato a Yangon la leader dell’opposizione e Premio Nobel
per la Pace Aung San Suu Kyi, affermando che l’Unione Europea risponderà positivamente
alle recenti aperture del regime militare birmano. Nei giorni scorsi la giunta ha
decretato un’amnistia per 651 detenuti, la metà dei quali prigionieri politici. Tra
i rilasciati c’è anche il dissidente Mya Aye. La collega Ann Schneible ha intervistato
la figlia, Wai Hnin Pwint Thon:
R. – I’m very happy to see… Sono
molto felice di vederlo libero e così i suoi amici, ma allo stesso tempo sto cercando
di essere cauta su questa decisione, perché è già successo prima. Le leggi per cui
è finito in prigione, rimangono. E io conosco mio padre troppo bene: non rimarrà in
silenzio su molte cose. Lui e i suoi amici saranno molto chiari sulla situazione attuale
e potranno essere molto critici. Quindi, il governo sostenuto dai militari potrebbe
rimetterli in prigione in ogni momento. Per questo sto cercando di essere molto cauta.
D.
– Qual era il ruolo di suo padre prima di essere imprigionato?
R. –
He was one of the prominent student leaders … E’ stato un leader di spicco
delle insurrezioni studentesche del 1988; è stato arrestato nel 1989, condannato ad
otto anni e rilasciato nel 1996 e ha continuato con la sua attività. Nel 2004, sono
diventati il “gruppo studentesco della generazione dell’88” e lui è uno dei leader
del gruppo. Nel 2007 ci fu un fortissimo aumento del prezzo della benzina; loro decisero
di scendere pacificamente in strada chiedendo soluzioni economiche. Per tutta risposta
furono arrestati e condannati a 65 anni. Quindi, lui è rimasto in prigione dal 2007
fino al rilascio nei giorni scorsi.
D. – La liberazione di questi detenuti
significa che si sta muovendo qualcosa nel Myanmar?
R. – This is such
a great step … Questo è un grande passo avanti, e noi ne siamo molto felici,
ma allo stesso tempo mio padre ha detto che dobbiamo ricordare gli attivisti politici
che tuttora rimangono in prigione a causa delle loro idee. Ha anche detto che se il
presidente e il governo sostenuto dai militari credono in una vera riforma democratica
allora devono liberare tutti quelli che sono in prigione perché credono nella democrazia
e libertà. Questo ancora non è successo: ora sono stati liberati 651 prigionieri.
Di questi, non sappiamo quanti siano i prigionieri politici, e ci sono ancora prigionieri
politici che rimangono in prigione. (ap/gf)