Il Papa all'Angelus: i migranti "non sono numeri", ma persone che cercano "un luogo
dove vivere in pace"
I migranti “non sono numeri”, ma persone che cercano soltanto “un luogo dove vivere
in pace”. Nella seconda domenica del Tempo Ordinario e nell’odierna Giornata Mondiale
del Migrante e del Rifugiato, Benedetto XVI all’Angelus ha pregato oggi per questi
uomini, donne, bambini, giovani e anziani “protagonisti dell’annuncio del Vangelo”
nella società contemporanea. Il Papa ha pure ricordato la prossima Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani, salutando poi in varie lingue i fedeli presenti in Piazza
San Pietro. Il servizio di Giada Aquilino:
Un invito
a “essere testimoni autentici del Vangelo” e “portatori della Buona Novella” con i
nostri fratelli e sorelle rifugiati e migranti, “vivendo concretamente la solidarietà
e la carità cristiana, non soltanto con la preghiera ma anche con i fatti”. Sono le
parole del Papa, oggi alla preghiera dell’Angelus e subito dopo nei saluti ai fedeli
in Piazza San Pietro, nella 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato:
“Milioni
di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri!
Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in
pace. Nel mio Messaggio per questa Giornata ho richiamato l’attenzione sul tema 'Migrazioni
e nuova evangelizzazione', sottolineando che i migranti sono non soltanto destinatari,
ma anche protagonisti dell’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo”.
Esortando
a “comprendere meglio i bisogni dei migranti e dei rifugiati e specialmente il loro
desiderio di incontrare Dio” e a pregare per "tutti coloro che vivono in terra straniera",
Benedetto XVI in particolare ha salutato i rappresentanti delle comunità migranti
di Roma, oggi riunitisi in preghiera in Piazza San Pietro, e ha benedetto i polacchi
“che vivono fuori della patria”. Il Pontefice ha quindi ricordato che dal 18 al 25
gennaio si svolgerà la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, sollecitando
a pregare per la realizzazione di tale unità, verso la piena comunione:
“Invito
tutti, a livello personale e comunitario, ad unirsi spiritualmente e, dove possibile,
anche praticamente, per invocare da Dio il dono della piena unità tra i discepoli
di Cristo”.
La riflessione del Santo Padre si è soffermata poi sul
tema della vocazione, che emerge dalle Letture bibliche di oggi: “nel Vangelo - ha
detto - è la chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù; nella prima Lettura è
la chiamata del profeta Samuele”. In entrambi i racconti, risalta l’importanza della
figura del mediatore, “aiutando le persone chiamate a riconoscere la voce di Dio e
a seguirla”. Nel caso di Samuele, ha spiegato il Papa, tale ruolo è svolto da Eli,
sacerdote del tempio di Silo. Nel caso dei discepoli di Gesù, la figura mediatrice
è quella di Giovanni Battista. Si sottolinea quindi “il ruolo decisivo della guida
spirituale nel cammino di fede e, in particolare, nella risposta alla vocazione di
speciale consacrazione per il servizio di Dio e del suo popolo”.
“Già
la stessa fede cristiana, di per sé, presuppone l’annuncio e la testimonianza: infatti
essa consiste nell’adesione alla buona notizia che Gesù di Nazaret è morto e risorto,
che è Dio. E così anche la chiamata a seguire Gesù più da vicino, rinunciando a formare
una propria famiglia per dedicarsi alla grande famiglia della Chiesa, passa normalmente
attraverso la testimonianza e la proposta di un 'fratello maggiore', di solito un
sacerdote. Questo senza dimenticare il ruolo fondamentale dei genitori, che con la
loro fede genuina e gioiosa e il loro amore coniugale mostrano ai figli che è bello
ed è possibile costruire tutta la vita sull’amore di Dio”.
Pregando
la Vergine Maria “per tutti gli educatori, specialmente i sacerdoti e i genitori,
perché abbiano piena consapevolezza dell’importanza del loro ruolo spirituale, per
favorire nei giovani, oltre alla crescita umana, la risposta alla chiamata di Dio”,
Benedetto XVI ha quindi spiegato che “il nostro cristianesimo non si basa su una teoria
arida e superata. Essere cristiano - ha proseguito - significa incontrare Gesù Cristo”,
che vive e ci chiama. “Quanto più ci avviciniamo a Cristo, tanto più - ha aggiunto
- siamo pieni del suo amore e della sua vita”. Vogliamo, dunque, “trasmettere al nostro
prossimo questo entusiasmo nel Signore. Egli è Colui che rende la nostra vita luminosa
e felice”.
Nei saluti finali in varie lingue, il Papa ha quindi ricordato
tra gli altri i ragazzi italiani del catechismo di Segni, accompagnati dal parroco
e dagli educatori, i giovani di Le Castella – Isola di Capo Rizzuto, che domenica
scorsa hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione, e i professori e gli alunni
dell’Istituto di Villafranca de los Barros, in Spagna.