Tunisi festeggia il primo anniversario della caduta di Ben Ali. Mons. Lahham: ora
la sfida è rilanciare l'economia
Migliaia di persone sono scese in piazza a Tunisi per festeggiare il primo anniversario
della caduta del regime del presidente Ben Ali. Il 14 gennaio 2011, infatti, l’ex
raìs fuggiva da Tunisi trovando rifugio in Arabia Saudita, insieme alla moglie. Nell'occasione
9mila detenuti sono stati liberati. Ma cosa è cambiato dopo un anno? Charlie Vandekerkhove
lo ha chiesto all’arcivescovo di Tunisi, Maroun Elias Lahham:
R.
– Un année est passé et beaucoup de choses sont changé Un anno è passato
e molte sono le cose che sono cambiate. Coloro che conoscono la Tunisia e vengono
qui dopo un anno, già uscendo dall’aeroporto, respirano veramente un’aria nuova: un’aria
di libertà, un’aria di sicurezza. Dunque, l’aspetto generale del Paese è cambiato.
C’è aria di libertà: la gente è libera, la gente parla, la gente scrive, la gente
critica, la gente manifesta, la gente può scioperare…. Tutto ciò era impossibile ai
tempi di Ben Ali. C’è un clima di libertà che si respira ovunque, in tutti i campi.
Un’altra cosa è la grande soddisfazione per quanto è successo.
D. –
Ci sono delle cose che si vorrebbero ancora cambiare: cosa ancora non la soddisfa
completamente?
R. – Le grand défi de la Tunisie c’est de remettre l’économie
en marche… La grande sfida che attende ora la nuova Tunisia è quella di
riuscire a rimettere in moto l’economia: e questo ancora non si è verificato. E’ certo
che è un qualcosa che non succederà neanche domani, ma rappresenta la grande attesa
della popolazione tunisina. La grande sfida che dovrà affrontare il nuovo governo
tunisino sarà quella di creare nuovi posti di lavoro, l’apertura ad imprese straniere,
oltre ovviamente che alle imprese locali, l’apertura del Paese al turismo… Ci sono
tante promesse, ma riguardo a tutto questo siamo soltanto all’inizio. (mg)
A
Cristiano Tinazzi, giornalista testimone della rivoluzione tunisina, Stefano
Leszczynski ha chiesto come si presenta il Paese a un anno dalla caduta di Ben
Ali:
R. – E’ cambiato
molto. Adesso c’è una democrazia che non è ancora del tutto compiuta, ma che si sta
avvicinando ad esserlo; ci sono state delle elezioni giudicate regolari anche dagli
osservatori internazionali e c’è stato un partito che è uscito vincitore da queste
elezioni, che è appunto il Movimento islamista Ennahda. Probabilmente questa è stata
l’unica rivoluzione compiuta tra quelle del Maghreb: rispetto ad Egitto e Libia non
ci sono stati stravolgimenti particolari, atti di violenza o guerre come è successo
in Libia. La cosa certa è che c’è ancora molta strada da fare. Comunque, non tutte
le persone sono contente di com’è oggi la Tunisia, almeno rispetto a quello che era
un anno fa.
D. – I problemi di tipo sociale ed economico sono ancora
molti. Il primo dato, forse, è quello dell’altissimo tasso di disoccupazione, che
ancora resta in quasi tutte le zone del Paese con una media nazionale del 19 per cento...
R.
– Sì. C’è una disoccupazione altissima, che si concentra soprattutto in alcune zone
depresse del Paese, dove raggiunge anche quote del 50 per cento. Questo è un problema
non facilmente risolvibile: la Tunisia ha subìto dallo scorso gennaio ad oggi dei
forti contraccolpi a livello economico, anche da parte degli investitori stranieri,
ed anche il turismo non si è ancora ripreso.
D. – Il presidente Ben
Ali vive, ormai da un anno, in Arabia Saudita insieme alla moglie...
R.
– I tunisini ormai considerano Ben Ali come qualcosa di vecchio, che riguarda solo
il passato. Se ne parla soltanto quando ci sono dei processi a suo carico, quando
ci sono delle condanne o si fanno queste richieste di estradizione che poi, però,
non vengono portate a termine dall’Arabia Saudita. Il problema è che è rimasta, da
parte della burocrazia dell’apparato statale tunisino, una mentalità, legata al precedente
regime, che è difficile da cancellare. La televisione ed i media hanno ancora dei
riflessi, per cui c’è molta autocensura. Le nuove generazioni sono comunque molto
attive, soprattutto nel nord del Paese.
D. – La Giornata delle celebrazioni
per la fuga di Ben Ali è stata fatta in pompa magna, anche con la presenza di molti
ospiti istituzionali dei Paesi vicini. Come si pone e come viene percepita la Tunisia
dai Paesi limitrofi?
R. – Desta preoccupazione la presenza dello sceicco
bin Khalifa Al Thani, della casa regnante del Qatar. Il Qatar, qui in Tunisia, sta
giocando un ruolo non indifferente. Era stato criticato perché pare avesse dato finanziamenti
al movimento islamista Ennahda e sembra abbia molti interessi economici. Si tratta,
quindi, di un momento molto particolare, perché segna un anno che è stato travagliato
per tutti i tunisini, un anno davvero difficile. Si spera che, in questo nuovo anno,
le cose andranno meglio.
D. – Possiamo dire che si tratta comunque di
una ricorrenza che è stata vissuta, a livello nazionale, con uno spirito positivo?
R.
– Sì, sicuramente, anche se chiunque può avere qualche rimostranza e qualche cosa
da dire. La cosa bella della Tunisia, adesso, è che tutti possono dire la propria
opinione, mentre un anno fa questo non era possibile. Questa, però, è una cosa che
deve proseguire, non è finita qui. Quest’anno sarà molto importante, per la Tunisia,
perché dovrà dimostrare di essere veramente una democrazia. (vv)