La Bellezza, via di evangelizzazione: convegno con mons. Fisichella, Portoghesi e
Tarquinio
“Sulla via della bellezza per una nuova evangelizzazione” è il convegno che si è svolto
ieri presso la Pontificia Università Lateranense a Roma. Si tratta di uno degli appuntamenti
che fanno parte del progetto “Una porta verso l’infinito” promosso dall’Ufficio comunicazioni
sociali della diocesi Roma in collaborazione con il Pontificio Consiglio della cultura.
Benedetta Capelli:
Il punto
di partenza sono state le parole del Papa pronunciate al convegno diocesano del giugno
scorso. Ricordando il patrimonio di storia e di arte di Roma, Benedetto XVI invitò
tutti a percorrere “la via della bellezza che conduce a Colui che è, secondo sant’Agostino,
la Bellezza tanto antica e sempre nuova”. Evangelizzazione e bellezza: un legame che,
nel convegno, si è articolato secondo tre differenti prospettive. La prima ha riguardato
l’aspetto più teologico attraverso la riflessione di mons. Rino Fisichella,
presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione:
“La bellezza è la strada privilegiata per l’evangelizzazione. Non
dimentichiamo che il cristianesimo, fin dall’inizio, ha avuto con l’arte in genere
una strada che gli ha consentito di mostrare la coerenza del mistero. Il cristianesimo
presenta il mistero di un Dio che si fa uomo e la bellezza, attraverso le diverse
espressioni dell’arte, è stata capace di manifestarlo. Lo manifesta nella bellezza
delle nostre cattedrali e delle nostre chiese, lo ha manifestato con il linguaggio
della poesia e della letteratura, con la musica, e continua a manifestarlo con la
bellezza della liturgia. Ci sono, quindi, tante di quelle espressioni che sono una
via privilegiata per l’annuncio del Vangelo”.
Nel corso della sua
riflessione, mons. Fisichella ha anche ricordato che la Chiesa è da sempre grata agli
artisti ed ha, allo stesso tempo, lanciato un appello perché anche oggi sperimentino
nuovi linguaggi confrontandosi con il Mistero di Cristo. Una sfida che si inserisce
in una rinnovata sensibilità dei giovani di oggi:
“Credo che dobbiamo
alimentare il desiderio di bellezza, che è presente anche nelle giovani generazioni
quando si affacciano a gustare le diverse espressioni dell’arte. A me sembra che alimentare
questo desiderio equivalga anche ad esercitare e ad affinare sempre di più il gusto
per la bellezza nelle sue diverse manifestazioni e a non limitarlo a quello che diversi
aspetti della cultura contemporanea esprimono in una bellezza effimera, che oggi c’è
ma che domani scompare. Abbiamo bisogno di esprimere al meglio la continuità della
bellezza”.
Di bellezza effimera e di bellezza autentica ha parlato
anche l’architetto Paolo Portoghesi, che ha invitato ad allontanarsi
da un’arte pensata solo in funzione del mercato:
“Roma è una città
che, per chi arriva dall’esterno, è un inno alla fede. Un potenziale formidabile sta
proprio in un turismo che sia anche, in un certo senso, pellegrinaggio. C’è poi il
grande tema della presenza della bellezza da una parte espressione del Creato e dall’altra
la bellezza di Cristo, ed è proprio a questa che si riferisce Dostoevskij quando dice:
‘Quale bellezza può salvare il mondo’?. La risposta non può essere che questa. La
bellezza può essere anche dentro di noi: l’invito a guardare dentro se stessi e a
ritrovare questa bellezza può essere qualcosa di molto importante nella rievangelizzazione”.
Teologia,
arte e infine comunicazione. Come evangelizzare sulla via della bellezza e attraverso
i mass media. La risposta di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire:
“Parlando di bellezza, abbiamo un compito: far capire alla gente
qual è la vera bellezza. Benedetto XVI, quando era ancora prefetto della Congregazione
per la Dottrina della Fede, diceva che oggi il grande trucco della menzogna è quello
di presentarsi come una bellezza mendace, che affascina. Credo che noi, come giornalisti,
abbiamo la possibilità di rimettere sulle gambe l’idea stessa di bellezza e farla
camminare. In concreto cosa vuol dire? Vuol dire far capire che i titoli e le notizie
che devono abitare le nostre pagine non sono quelle sui bei soldi, sulle belle facce
o le belle storie secondo il mondo. C’è tutta un’altra umanità che possiamo mettere
in pagina, far capire che è la storia e la cronaca che si fa”.