Il perdono nelle carceri: iniziativa dell'associazione Papa Giovanni XXIII
Un percorso sul perdono e la riconciliazione aperto a tutti e scandito da vari incontri
il primo dei quali si tiene, oggi, nella Casa Madre del Perdono a Montecolombo, Rimini.
L’iniziativa è dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è ha per titolo: “Verso
l’Università del Perdono” a significare l’intenzione di approfondire, attraverso esperti
e testimoni, la possibilità di amare il nemico. Il perdono rappresenta anche un elemento
importante del percorso proposto a circa 300 detenuti e ex detenuti ospiti di diverse
case della Papa Giovanni XXII in Italia, con importanti risultati. Ma che cosa significa
il perdono per queste persone? Adriana Masotti lo ha chiesto a Giorgio Pieri,
responsabile della Casa di Montecolombo:
R. – Per
le persone che fanno il percorso educativo, la parola “perdono” è una parola di inizio
di un cammino. Noi abbiamo sperimentato che le persone che hanno commesso una colpa
devono chiedere perdono alla società, perché l’hanno ferita. A loro volta, però, sono
anch’esse persone ferite e per poter attivare un percorso serio di recupero e di richiesta
di perdono nei confronti della società, loro stessi devono perdonare chi li ha feriti.
Ecco, allora, che il perdono prima di tutto è un perdono che devono fare nei riguardi
della propria storia e da lì poi può iniziare davvero un cammino di recupero. Una
volta che la persona non è più dominata dalla rabbia, dal rancore, può iniziare a
guardare il futuro in maniera diversa.
D. – Ci sono persone che hanno
già cominciato a guardare al futuro in maniera diversa?
R. – Sì, possiamo
dire che le persone che sono passate presso la Casa Madre del Perdono hanno avuto
dei grossi benefici, in quanto la recidiva si abbassa dal 70 per cento, che è oggi
la percentuale nelle carceri, al 10 per cento. Le persone che escono da un percorso
comunitario fatto in questo modo, dunque, non ritornano a delinquere, se non il 10
per cento. Questo è un grosso risultato che abbiamo portato anche alla Commissione
Europea: passiamo da una giustizia cosiddetta repressiva e punitiva ad una giustizia
riparativa.
D. – Sul perdono si è sviluppata una ricca riflessione all’interno
della Comunità, che va oltre il discorso delle carceri. Ad esempio, con l’Operazione
Colomba voi siete impegnati nel superamento dei conflitti anche tra etnie e popoli,
come nei Balcani…
R. – Sì, esatto. L’azione che abbiamo fatto in varie
parti del mondo, anche in Palestina, dove ci sono quotidianamente conflitti, è quella
di mettere ponti fra le persone delle varie parti, e quindi in questo caso tra israeliani
e palestinesi, che si possono incontrare. Ma prima di fare questo incontro è necessaria
la scelta: bisogna scegliere il perdono, bisogna scegliere di mettere pace nel proprio
cuore e di non covare più odio nei confronti dell’altro. A quel punto, allora, sono
realizzabili veramente ponti di pace. E questo è possibile farlo grazie anche alla
presenza di volontari, che rischiano la vita stando in quei posti, che sono posti
di conflitto, proprio per parlare di amore attraverso la parola “perdono”.
D.
– L’incontro che ha per titolo “Verso l’Università del Perdono” vuole essere un messaggio
rivolto a tutti…
R. – Sì, rivolto a tutti perché la Casa Madre del Perdono,
come anche la realtà dell’Operazione Colomba richiama tutta la società ad interrogarsi
su quello che è l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’uomo che sbaglia. Noi
intuiamo che il perdono è una grande realtà, che però è ancora tutta da esplorare.
Gesù ce l’ha detto duemila anni fa e quindi lo facciamo, lo stiamo facendo, ma forse
c’è da fare tanto di più. Anche il Papa ci parla di perdono e di giustizia, che in
Dio sono un’unica cosa. Noi continuiamo ancora a lasciare il perdono ai buoni e ai
buonisti, mentre la giustizia ai magistrati e ai cosiddetti “cattivi”. In realtà dobbiamo
anche noi tendere ad unire queste due azioni. Dobbiamo, quindi, costruire opere, realtà,
e atteggiamenti dove il perdono e la giustizia possano essere un atto unico: questo
poi apre alla vita. (ap)