2012-01-14 15:21:15

Il comune di Napoli propone registro sul "fine vita". La riflessione del prof. D'Agostino


La giunta comunale di Napoli, presieduta dal sindaco Luigi De Magistris, ha approvato una delibera che propone al Consiglio comunale l’istituzione di un registro per il testamento biologico. L’obiettivo è di dare ai cittadini, residenti a Napoli, la possibilità di decidere se sottoporsi, o meno, a determinati trattamenti sanitari in caso di malattia grave e irreversibile. Su questo provvedimento Amedeo Lomonaco ha chiesto un commento al prof. Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica e presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani: RealAudioMP3

R. – Non è la prima volta che un comune italiano prende iniziative di questo genere. Quello che va detto è che, a livello nazionale, l’importanza di Napoli è certamente più significativa rispetto a tanti altri piccoli comuni. Il giudizio che però bisogna dare su iniziative di questo tipo non può mutare rispetto a giudizi dati in precedenza: sono iniziative insignificanti dal punto di vista giuridico, perché i comuni non hanno alcuna competenza in materia. Iniziative come questa non hanno uno specifico valore giuridico ma esclusivamente ideologico. Portiamo allora il dibattito sul suo piano, ovvero su quello ideologico-politico, e ricordiamo che in parlamento c’è un disegno di legge, maturato da anni di discussioni, che dà un riconoscimento al testamento biologico, ma con alcune garanzie molto nitide e molto ferme. Siamo tutti in attesa che la Camera dei deputati, dopo il voto favorevole del Senato, approvi definitivamente questo disegno di legge.

D. – Il sindaco di Napoli, De Magistris, ha detto che l’istituzione di questo registro non interferisce con le competenze dello Stato. Perché, da un punto di vista giuridico, non è legittima l’azione comunale in questa materia?

R. – Non interferisce con l’azione dello Stato per la semplice ragione che non ha valore giuridico. Io posso, cioè, depositare in comune qualunque documento, anche un classico testamento patrimoniale. Ma se questo testamento non è fatto secondo le norme del codice civile vigente, non ha alcun valore. Si tratta di una delibera di carattere simbolico: è soltanto una dichiarazione ideologica, proveniente dal comune di Napoli, che sarà chiaramente applaudita da quella parte dell’opinione pubblica del nostro Paese profondamente libertaria. Un’opinione pubblica che si batte da anni, se non per la totale legalizzazione dell’eutanasia, per approvare almeno una normativa la più possibile vicina ad una legge a favore dell’eutanasia. La questione che sottoporrei al sindaco De Magistris, o a chi appoggia quest’iniziativa, è questa: se c’è un principio cardine, condiviso da tutti in bioetica, è che qualunque presa di posizione bioetica debba presupporre un consenso compiutamente informato. Quello che mi chiedo è se molti di coloro che firmano i testamenti biologici di loro iniziativa al di fuori di un rigoroso quadro normativo, possano dare prova di una compiuta informazione per quello che riguarda l’oggetto del testamento biologico. Questo perché un testamento biologico carente di adeguate informazioni non ha alcun valore etico.

D. – Quali sono i rischi di queste iniziative?

R. – Il rischio è quello di banalizzare delle pratiche che sono delicatissime. Quello che è sicuro è che i testamenti biologici riguardano la vita e la morte, l’attivazione o la non attivazione di terapie, l’attivazione di alcune terapie rispetto ad altre. La posta in gioco è immensa.

D. – I medici come possono e devono interpretare dichiarazioni anticipate di questo tipo?

R. – Allo stato attuale delle cose, ogni medico può, con interesse, leggere eventuali testamenti biologici. Credo, però, che oggi sarebbe molto rischioso, da parte di qualunque medico, dare qualsiasi valore sostanziale ai testamenti biologici attuali. Questi, in assenza di una legge, non sono garantiti né per la sicurezza della data, né per l’autenticità della sottoscrizione, né per la competenza di coloro che li firmano. I medici hanno vincoli legali rigorosi e certamente questi vincoli non possono essere ammorbiditi o elasticizzati dalla lettura di documenti che non hanno alcun valore normativo, come quelli che attualmente alcuni comuni italiani accettano ed archiviano. Inoltre, ogni volta che un comune italiano ha preso delibere simili a quella del comune di Napoli, da un punto di vista statistico è stato un flop. Sono pochissimi i cittadini che ricorrono, presso il comune, a queste forme di deposito dei testamenti biologici, anche perché poi i comuni non sono assolutamente attrezzati. Non hanno la possibilità di seguire le vicende dei singoli individui che depositano i testamenti biologici ed esibirli ai medici curanti nel momento necessario. Il disegno di legge nazionale sul testamento biologico prevede che ci sia un’anagrafe nazionale computerizzata dei testamenti, collegata con tutti gli ospedali italiani. Per cui, quando in ospedale viene ricoverata una persona capace di intendere e di volere, è possibile verificare, in tempi brevissimi, se abbia o meno redatto un testamento biologico secondo le norme di legge. Queste iniziative comunali, invece, sono sporadiche e non rientrano in alcuna rete di collegamento nazionale. Ecco perché, nella sostanza, non hanno alcun senso. (vv)








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