Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, l'arcivescovo Vegliò: rafforzare la
solidarietà internazionale
Ricorre questa domenica la 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul
tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”.Per un commento sull’impegno della
comunità internazionale nel dare tutela e protezione alle persone che fuggono da guerra
e miseria, Fabio Colagrande ha intervistato il presidente del Pontificio Consiglio
della Pastorale per i migranti e gli itineranti, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò:
R. - La Giornata
Mondiale ci ricorda che, secondo i dati disponibili, ci sono oggi più di 200 milioni
di migranti, 15 milioni di rifugiati, 27 milioni di sfollati, e oltre 3 milioni di
studenti internazionali universitari nel mondo. La loro vita esige un’attenzione più
impegnativa sia da parte della Chiesa che da parte della società perché essi possano
trovare la giusta soluzione per vivere con dignità umana e cristiana. In particolare,
rifugiati e richiedenti asilo sono persone in fuga da guerra e violenza, tra cui vi
sono numerose donne e bambini, estremamente vulnerabili. La loro vita dipende spesso
dalla protezione e dall'aiuto della comunità internazionale. Poche settimane fa sono
stati commemorati i 60 anni della creazione dell’Acnur e dell’adozione della Convenzione
di Ginevra sullo statuto dei Rifugiati del 1951. È una data importante in quanto segna
il momento in cui la comunità internazionale ha voluto creare la cornice del diritto
internazionale sui rifugiati che da allora guida il lavoro dell’Acnur. Durante la
Conferenza ministeriale dello scorso otto dicembre, tenutasi a Ginevra, le delegazioni
presenti hanno espresso all'Acnur l’apprezzamento per il generoso lavoro svolto in
tutti questi anni. La delegazione della Santa Sede ha spronato a un rinnovato sforzo
per eliminare anche le nuove gravi cause che minacciano la sopravvivenza di una popolazione
provocandone il dislocamento forzato, come per esempio i disastri naturali, gli eventi
che disturbano gravemente l’ordine pubblico o politiche errate. Pertanto, è necessario
che i Paesi prendano in considerazione ogni singola richiesta di asilo. La solidarietà
internazionale, infatti, dovrà agire non solo con contributi economici, che sono fondamentali,
e con i classici parametri, ma anche con una nuova comprensione della dislocazione.
Ciò implicherà maggiori diritti per i rifugiati, quali la libertà di movimento, di
lavoro e di religione, tenendo conto di una più ampia interpretazione dei diritti
umani che, insieme ad una cooperazione concreta, permetta di rendere più effettivi
gli obiettivi di tutela della Convenzione in linea con gli eventi e i trattati internazionali.
D.
- Ci sono situazioni che il vostro Dicastero considera particolarmente preoccupanti
in questo momento?
R. - Questo Dicastero segue con preoccupazione le
situazioni dei rifugiati in ogni parte del mondo e in questo periodo, tra le vicende
drammatiche, vi è il conflitto scoppiato in Sudan che ha riversato circa 80.000 rifugiati
nel Sud Sudan. Sottolineo anche le violenze che da anni si susseguono in Somalia alle
quali si sono aggiunte quest’anno infauste condizioni climatiche che hanno portato
alla carestia e a gravi epidemie. Di conseguenza, 500.000 somali sono ora rifugiati
nei campi di Dadaab in Kenya ed altri 100.000 sono stati accolti lo scorso anno in
Etiopia. In Colombia da anni si verifica uno spostamento interno, che complessivamente
coinvolge circa 5 milioni di persone, con tante sofferenze, e non sembra trovare una
soluzione. Come dimenticare le violenze che da anni insanguinano la popolazione nella
Repubblica Democratica del Congo, e che hanno generato sfollati all’interno del paese
stesso e portato un flusso di rifugiati in altri paesi. Milioni di persone hanno perso
la vita, e le condizioni economiche del Paese si sono deteriorate.
D.
- Come realizzare in concreto l’auspicio del Papa per questa giornata trasformando
il fenomeno migratorio in un’opportunità di evangelizzazione?
R. - Il
fenomeno migratorio, che causa mescolanza fra i popoli e intreccio di razze e culture,
è già un’opportunità di evangelizzazione. Ciò che dobbiamo chiederci è se noi cristiani
siamo capaci di cogliere questa opportunità e realmente evangelizzare. Il Papa stesso
dice nel Suo Messaggio per la Giornata che “dobbiamo risvegliare in ognuno di noi
l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide
annunciatrici della novità evangelica”. Il Messaggio Pontificio offre concreti suggerimenti
per evangelizzare nell’ambito migratorio. Chiama, per esempio, la Chiesa ad “aiutare
i migranti [cristiani] a mantenere salda la fede, anche quando manca l’appoggio culturale
che esisteva nel Paese d’origine”. Formati adeguatamente e sostenuti dalla comunità
cristiana, i migranti stessi “possono a loro volta diventare annunciatori della Parola
di Dio e testimoni di Gesù Risorto” lì dove emigrano: sia nei Paesi dove i cristiani
sono una minoranza, sia nei Paesi di antica tradizione cristiana, dove la fede è diventata
forse solo un fatto culturale. A questo riguardo il Papa sottolinea l’importanza del
ruolo degli Operatori pastorali – sacerdoti, religiosi e laici – che operano tra i
migranti. Papa Benedetto, inoltre, sollecita le comunità cristiane nei Paesi di
origine, di transito e di arrivo a cooperare nell’accoglienza dei migranti, affinché
essi incontrino Cristo, e invita tutti i cristiani a nutrirsi della Parola di Dio
e a viverla prima di annunciarla, per essere efficaci evangelizzatori.
D.
- Con quale stato d’animo ha accolto la scelta del Papa di nominarla Cardinale nel
prossimo Concistoro?
R. - Ho accolto questo lieto annuncio con profonda
gratitudine, innanzitutto al Signore che mi ha chiamato a essere pastore della Sua
Chiesa, che mi sostiene e che ogni giorno mi chiede un maggiore impegno e una più
grande disponibilità a servire il suo popolo e in modo particolare quelli che per
Lui sono i più importanti, ma che agli occhi del mondo sono gli ultimi, e che nel
mio caso, in quanto Presidente di questo Pontificio Consiglio, hanno il volto del
migrante, del rifugiato, del nomade, del senza fissa dimora, del bambino di strada,
e di tutti quanti vivono nel fenomeno della mobilità umana. Provo, quindi, un sentimento
di viva riconoscenza verso il Santo Padre Benedetto XVI, per la Sua fiducia e la sua
chiamata ad essere un collaboratore più stretto. Leggo, poi, in questo gesto del Papa
un segno di riconoscimento per la missione di questo Dicastero, e vedo la Sua sollecitudine
verso uomini e donne coinvolti nella mobilità umana, che influisce notevolmente sulla
vita del mondo moderno e sulla vita della Chiesa.
D. - Con quale spirito
proseguirà il suo servizio pastorale e il suo incarico di Presidente del Dicastero
per i migranti una volta entrato nel Sacro Collegio?
R. - Entrare a
far parte del Collegio dei Cardinali è un impegno ecclesiale. Gesù Cristo è la base
fondamentale e insostituibile del nostro nuovo modo di essere a servizio nella Chiesa.
D’altro lato, mi sentirò più sostenuto e appoggiato da un Collegio di Fratelli che
certamente mi aiuterà a svolgere meglio la missione di questo Dicastero nella promozione
della sollecitudine del Santo Padre e della Chiesa verso la mobilità umana.