2012-01-13 14:13:08

Sanguinosi scontri interetnici nel nuovo Stato del Sud Sudan


Non c’è pace per il Sud Sudan, il nuovo Stato staccatosi sei mesi fa da Karthoum. Un centinaio le vittime, soprattutto donne e bambini, a causa di violenti scontri interetnici scoppiati nelle ultime 48 ore nella regione Sud-est del Paese per il controllo dell’allevamento e delle risorse agricole. Per una analisi sul Sud Sudan oggi, Giancarlo La Vella ha intervistato Irene Panozzo, ricercatrice esperta di questioni sudanesi:RealAudioMP3

R. - Si tratta di un Paese estremamente fragile, che fino a sette anni fa esatti, era in guerra, una guerra durata più di venti anni, sia con il Nord, sia al suo interno. Questo è passato inosservato, visto che l’attenzione era puntata prima di tutto sul conflitto tra Nord e Sud, ma in realtà l’aspetto più drammatico è rappresentato dalla guerra civile combattuta tra le diverse comunità all’interno del Sud Sudan. E, inevitabilmente, questo ha lasciato vari strascichi, perché permane un’alta conflittualità tra i diversi gruppi, e poi una grande disponibilità e diffusioni di armi che vengono quindi utilizzate, purtroppo, in queste conflittualità definite “tradizionali”: come quelle, ad esempio, sul bestiame, a causa dei furti delle vacche. In pratica quelle che in queste ultime settimane, hanno causato il maggior numero di morti.

D. - Quindi un confronto interetnico, più che per la spartizione del potere politico, per lo sfruttamento del territorio...

R. – Sì. Purtroppo il Sud Sudan deve affrontare, tutte le sfide di uno Stato che è appena nato, e che quindi deve darsi delle strutture, delle istituzioni. Per questo motivo, è iniziato, proprio in questi giorni, nella capitale Giuba, un processo di profonda revisione della Costituzione, perché ovviamente la Carta era stata scritta nel periodo transitorio seguito dalla pace, ma ora deve essere aggiornata e riadattata alla nuova realtà. Quindi, oltre a tutte queste sfide di uno Stato che nasce quasi da zero, ci sono poi altri tipi di conflitto: quello sulle risorse avvenuto negli ultimi giorni tra le comunità Murle e Lou Nuer nello Stato di Jonglei, lo Stato più grande dei dieci che compongono il Sud Sudan. L’altro tipo di conflitto di cui si è meno parlato, che però è presente, è quello invece per la gestione del potere.

D. - Una presenza più costante della comunità internazionale, potrebbe garantire una maggiore distensione all’interno del Paese?

R. - In realtà una presenza internazionale c’è già, nel senso che c’era già un’operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite, in base al Trattato di pace del 2005, che poi al momento dell’indipendenza del Sud Sudan, è stata rinnovata. Ci sono dei caschi blu dispiegati già in Sud Sudan per un totale di 7000 soldati: per il momento sono 5500 circa; quindi siamo già a un buon livello di dispiegamento sul terreno. Il grande, grandissimo problema è che buona parte di queste regioni dove stanno avvenendo queste tensioni, non sono raggiungibili via terra, non ci sono infrastrutture, non ci sono strade. Quindi in particolare, le zone che sono state teatro nelle ultime settimane degli scontri Murle e Lou Nuer, possono essere raggiunte solo per via aerea. E questo, naturalmente, complica di molto le cose: per cui alla fine anche i peacekeepers, che fanno già molto, ma non riescono a tenere la situazione completamente sotto controllo. Questo naturalmente diventa un grande problema anche per le operazioni umanitarie. E’ iniziata un importante intervento proprio in queste settimane, in soccorso dei 60 mila sfollati causati dagli scontri. Però anche le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite e delle varie organizzazioni non governative presenti in Sud Sudan devono essere fatte tutte attraverso il trasporto aereo: quindi diventano estremamente dispendiose. Ma già stanno facendo molto, altrimenti questi 60 mila sfollati non avrebbero nessun tipo di aiuto e assistenza. Però la sensazione è che bisognerebbe forse trovare altre vie, nel senso che la risposta militare, sia che venga dai peacekeepers, sia che venga dell’esercito regolare, evidentemente non è sufficiente. (bi)







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