Ancora vittime in Siria. Aperta un'inchesta sulla morte del giornalista francese
In Siria si segnalano ancora scontri e vittime in varie località del Paese tra oppositori
e forze fedeli al presidente Bashar al-Assad. Intanto il regime ha annunciato di aver
disposto l'apertura di un'inchiesta sulla morte del reporter francese ucciso ad Homs,
mentre aumenta la spaccatura in seno alla Lega Araba sulla missione degli osservatori
nel Paese. Il servizio è di Marina Calculli:
Per un ricordo
sul giornalista francese di "France 2", Gilles Jacquier, ucciso in Siria, Salvatore
Sabatino ha sentito Domenico Affinito, vicepresidente di "Reporter Senza Frontiere
Italia":
R.
- Aveva vinto in Italia il Premio "laria Alpi" e aveva vinto in Francia il Premio
"Bayeux Calvados”, che è un premio molto importante che viene dato, appunto, ai reportages
internazionali. Era un giornalista molto esperto, era un giornalista che conosceva
bene le zone di guerra, sapeva muoversi; ovviamente, è successo quello che alcune
volte accade nei teatri con forti tensioni sociali: si è trovato nel momento sbagliato
nel posto sbagliato.
D. – I Paesi dove sono in corso guerre, sono ancora i
più pericolosi, o ci sono altri scenari che non hanno in questo momento forti momenti
di tensione, ma in cui fare il reporter, fare il giornalista è ancora pericoloso?
R.
– Sono due le tipologie dei Paesi in cui un giornalista rischia la vita: quelli nei
quali ci sono attivi focolai di guerra o tensioni sociali molto forti, oppure i Paesi
nei quali ci sono regimi dittatoriali, o la presenza di forti interessi legati alla
criminalità organizzata.
D. – Ci sono poi Paesi che sono "paradisi", frequentati
da milioni di turisti, che non sono invece "paradisi" per i reporter: voi avete presentato
proprio pochi giorni fa un rapporto molto importante, da questo punto di vista …
R.
– Sì: ci sono Paesi, come le Maldive, avevamo citato anche le Seychelles, Cuba dove
tutto il mondo – soprattutto il mondo occidentale – è abituato a recarsi come turista;
proprio in questi Paesi spesso le persone che vanno e portano economia non sanno che
dietro, invece, ci sono problematiche molto forti, come quelle legate alla libertà
di informazione e alla libertà civile e alla libertà d’espressione.
D. – Qual
è la condizione del reporter, oggi?
R. – E’ sempre più difficile riuscire a
fare il giornalista a dispetto di un mondo che si è globalizzato. Abbiamo la tecnologia,
da una parte, che ci supporta come aiuto. Basti pensare che, ad esempio, la notizia
della morte di Giovanni Paolo I è arrivata in tutto il mondo nel giro di tre mesi,
mentre per Giovanni Paolo II, per sapere della sua morte in tutto il mondo, ci sono
voluti tre giorni. Il mondo è cambiato completamente, con la tecnologia. Però, dall’altra
parte sono aumentate anche le censure, sono aumentati gli interessi di tanti gruppi
politici – dittatori, gruppi legati ad interessi economici – a far sì che l’informazione
sia in qualche modo fermata, bloccata o etero-diretta. E quindi, parallelamente, è
diventato sempre più difficile spostarsi, riuscire a raggiungere i luoghi dove le
cose succedono. E ricordiamo che il mestiere del giornalista necessita dell’investigazione
sulla realtà dei fatti che succedono, perché non c’è giornalismo se non c’è investigazione
sulla realtà: quindi, presenza in loco dei reporter.
D. – La tecnologia ci
viene incontro per la diffusione delle notizie; però, la tecnologia viene utilizzata
anche in senso contrario. C’è un’applicazione, ad esempio, di un noto cellulare, in
Siria, che permette proprio la censura. Voi l’avete denunciato, questo fatto?
R.
– Certo! Infatti, la tecnologia è un’arma a doppio taglio, e l’abbiamo visto in tante
occasioni: l’abbiamo visto in Siria, recentemente, l’abbiamo visto anche in Egitto.
L’utilizzo dei cellulari per mandare messaggi, per mandare false notizie … Ovviamente,
la tecnologia non è né buona né cattiva; va utilizzata nel modo corretto e il giornalista,
in un mondo completamente diverso, dove la carta sta scomparendo, dove Internet ed
i nuovi media sono sempre più importanti, rimane quello che certifica quell’informazione,
quindi quello che la rende credibile, quello che – in qualche modo – dà la possibilità
agli utenti, ai cittadini di sapere che quello che viene raccontato è vero. Questa
dovrebbe essere la funzione alta, per la società, del giornalista. (gf)