Dieci anni fa l'apertura del carcere Usa a Guantanamo. Amnesty: eclissi del diritto
A dieci anni dal trasferimento dei primi detenuti nella prigione statunitense di Guantanamo,
a seguito degli attacchi dell’11 settembre, Amnesty International denuncia la mancata
chiusura del centro, nonostante l’impegno dell’attuale presidente Usa, Barack Obama,
a farlo entro il gennaio del 2010. “E’ un’eredità velenosa ai diritti umani”, si legge
in un Rapporto che denuncia il trattamento illegale subito dai detenuti. A metà del
dicembre scorso, a Guantanamo si contavano ancora 171 uomini. Di loro, spiega Amnesty,
12 vi furono trasferiti l’11 gennaio di 10 anni fa: uno di essi sta scontando una
condanna all’ergastolo inflitta da una commissione militare nel 2008, gli altri 11
non sono mai stati incriminati. Francesca Sabatinelli ha intervistato Mauro
Palma, membro del Consiglio europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale,
già presidente del Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura
e dei trattamenti inumani:
R. – Guantanamo,
in qualche modo, ha rappresentato un’eclissi totale del diritto. Fondamento del diritto
è innanzitutto che le persone debbano e possano essere private della libertà soltanto
sulla base di una specifica imputazione, sotto un controllo di un’autorità indipendente,
e abbiano la possibilità di ricorrere contro alla loro privazione di libertà. Tutto
ciò non è avvenuto a Guantanamo. Oltre a questo, ci sono poi le condizioni “materiali”
e le condizioni offensive della dignità delle persone su come sono state detenute.
Ricordiamo anche le grandi denunce che noi abbiamo avuto sulla struttura di queste
celle, spesso senza pareti, e sulle persone tenute bendate e legate, sull’offesa ai
loro sentimenti, per esempio al loro sentimento religioso.
D. - Per
avviare la chiusura di Guantanamo, gli Stati Uniti chiesero aiuto all’Europa, che
si disse pronta ad accogliere un certo numero di detenuti. Nel tempo, però, le posizioni
europee nei confronti della questione Guantanamo si sono mostrate sempre piuttosto
deboli…
R. - L’Europa si è dimostrata non solo molto debole, ma direi
“balbettante” sin da quando Guantanamo, in qualche modo, è stato istituito. Ed è altrettanto
debole nel momento in cui lo si vuole smantellare. L’Europa non ha mai avuto il coraggio
di dire che quelle situazioni erano una palese violazione di qualunque diritto, sia
del diritto in caso di guerra, sia dei diritti fondamentali delle persone, così come
stabilito da dichiarazioni e convenzioni. Inoltre, non ha offerto una grande sponda
per risolvere la situazione nel momento in cui negli Stati Uniti c’era una nuova amministrazione
che voleva in qualche modo chiudere quella fase. I numeri delle persone che sono state
trasferite da Guantanamo in Europa sono molto esigui: riguardano principalmente quelle
persone che, avendo una cittadinanza in uno qualsiasi dei Paesi europei, o comunque
avendo in uno qualsiasi dei Paesi europei un motivo per essere privati della libertà,
potevano essere trasferiti in un carcere europeo. Ci sono stati anche due o tre casi
italiani. Però, c’è un principio su cui l’Europa, in un certo senso, è anche "sanamente"
impedita. In Europa, non è possibile privare della libertà una persona se non si ha
un capo di imputazione definito. Trasferire detenuti che non devono rispondere di
un crimine specifico non è possibile nel territorio europeo. Quindi, trasferendoli
in Europa – e qui l’Europa doveva avere coraggio – avrebbero dovuto essere messi in
libertà, magari sotto una qualche forma di controllo, ma essere messi in libertà.
Parliamo di quelli che non avevano un mandato d’arresto qui in Europa. Questa è l’unica
strada che si può percorrere. La stragrande maggioranza di quelle persone non sono
imputate di nulla – sono poche quelle che sono sotto le corti militari stabilite
da Bush – potrebbero quindi essere trasferite in Europa e messe in libertà, seppur,
ripeto, sotto controllo.
D. - A Guantanamo, furono rinchiusi anche dei
minori che oggi sono ancora tra i detenuti e sono divenuti maggiorenni: questo è avvenuto
in palese violazione di qualsiasi convenzione sui diritti dei minori…
R.
- Se ragioniamo bene questo è un elemento di grande tristezza. Sono passati dieci
anni, ci sono alcuni minori che li hanno interamente trascorsi all’interno di quelle
gabbie. Tutti questi Stati, inclusi gli Stati Uniti, dimostrano di essere fermamente
convinti quando si tratta di approvare dichiarazioni, di stabilire alcuni principi.
Ebbene, c’è un principio che dice che l’interesse del minore dovrebbe essere prevalente
sopra tutti gli altri interessi, e questo è un elemento della Convenzione delle Nazioni
Unite sui minori. Allora, cerchiamo di non togliere dalla nostra mente l’immagine
di queste vite, perché altrimenti ne facciamo un problema solo giuridico senza avere
in mente che stiamo rubando delle vite. La soluzione va trovata, gli Usa devono essere
incoraggiati e – direi – spinti, per esempio dalle Nazioni Unite, a ritrovare il senso
del valore supremo della vita delle persone, della dignità della vita delle persone.
Solo a partire da questo, in piene condizioni di sicurezza, le soluzioni possono essere
trovate. Quelle sono vite che noi altrimenti stiamo rubando. (bi)