Decreto sulle liberalizzazioni: cresce il dibattito sulla gestione dell'acqua
In Italia, il governo intende intervenire sulle liberalizzazioni con un decreto legge
che verrà varato entro il 20 gennaio. Lo ha annunciato il sottosegretario alla presidenza
del Consiglio, Antonio Catricalà, precisando che il provvedimento riguarderà molti
ambiti, tra cui quello dell’acqua. In questo settore è prevista l’introduzione di
modifiche – ha detto Catricalà - che non vadano “contro il risultato referendario”
dello scorso 13 giugno. Ma quali sono le condizioni per rendere virtuosa la gestione
pubblica delle risorse idriche? Antonella Palermo lo ha chiesto ad Antonio
Massarutto, docente di Economia Pubblica all’Università di Udine, che ha scritto
un saggio dal titolo “L’acqua”:
R. – Io credo che la gestione pubblica funzioni
bene, a due condizioni. La prima è che sia messa nella condizione di operare con criteri
aziendali; e in secondo luogo credo che l’azienda pubblica funzioni bene quando ha
una credibile ‘minaccia’ di essere sostituita da qualcos’altro. Io credo che sia sbagliato
concentrare l’attenzione sul tema della natura proprietaria del gestore: chiunque
sia l’azionista di riferimento, chiunque sia il proprietario dell’azienda, l’azienda
comunque deve coprire i costi con i ricavi. A quel punto, la differenza tra le aziende
pubbliche e le aziende private spesso si sfuma notevolmente. Quello che secondo me
è fondamentale, invece – e qui ancora siamo in un cantiere aperto – è disporre di
un sistema di regolazione che si sappia contrapporre in modo efficace alle aziende,
pubbliche o private che siano.
D. – Andando un po’ a ritroso nella formulazione
e nei risultati dei quesiti referendari dello scorso giugno, è entrata come acquisizione
comune che il referendum abbia abolito le privatizzazioni sull’acqua. E’ proprio così?
R.
– Il ministro Passera ha detto che non intende legiferare contro la volontà popolare,
però interpretare esattamente in cosa consiste la volontà popolare non è così automatico,
così semplice. La norma che il referendum ha abrogato è una norma che obbligava ad
andare a gara: non obbligava a privatizzare. Però, nemmeno lo vietava. Ora che il
referendum ha vinto contro l’obbligo di fare la gara, questo non vuol dire che l’ente
locale che desideri seguire invece la strada dell’affidamento a privati non lo possa
fare. Lo può fare, anche se non ha più l’obbligo di farlo. (gf)