La sinfonia sulla sofferenza degli Innocenti: intervista con il Rabbino Rav David
Rosen
E’ ancora vasta l’eco in Terra Santa delle celebrazioni sinfonico-catechetiche sulla
sofferenza degli Innocenti realizzate da Kiko Arguello, uno degli iniziatori del Cammino
neocatecumenale. Una delle due esecuzioni musicali si è tenuta a Gerusalemme, con
gli ebrei. A partecipare all’incontro anche Rav David Rosen, ex-Gran Rabbino
d’Irlanda e Consigliere del Gran Rabbinato d’Israele per gli Affari Interreligiosi
e le relazioni con la Santa Sede. Debora Donnini gli ha chiesto se questi incontri
siano importanti nel dialogo ebraico - cristiano e nel sottolineare ciò che unisce
R. – First
of all encounters I think… Innanzitutto, penso che tutti gli incontri tra
persone di buona volontà siano importanti e quando sono incontri tra persone di fede
sono ancora più importanti. Quando non utilizziamo solamente l’aspetto cognitivo,
ma anche l’aspetto musicale, questi eventi acquisiscono un’importanza ancora più grande.
E l’importanza specifica di questo evento è che questo concerto è stato un esempio
di solidarietà fantastica: ha espresso una profonda comprensione della sofferenza
storica del popolo ebraico. Da questo punto di vista ci aiuta a oltrepassare le ferite
del passato. Ma ha fatto qualcosa di ancora più delicato: ha introdotto ascoltatori
ebrei a categorie cristiane di pensiero e di fede. Finché questo si fa in uno spirito
di rispetto reciproco, proprio come è stato fatto, diventa un aspetto importante dal
punto di vista educativo. Questa iniziativa ci permette di rispettare ciò che ci unisce
e anche di apprezzare quello che ci rende individui.
D. – La sofferenza
degli innocenti unisce in fondo tutti gli uomini. Nel discorso prima della Sinfonia,
Kiko Arguello si è riferito anche alla sofferenza degli ebrei per l’Olocausto…
R.
– The uniqueness of this concert was… L’aspetto unico di questo concerto
è stata una comprensione profonda e anche una solidarietà con la sofferenza del popolo
ebraico. Per gli ebrei la sofferenza raggiunge il suo zenit e, al contempo, la profondità
dell’abisso nella Shoah.
D. – Oggi il cristianesimo sta sempre più
riscoprendo le sue radici ebraiche e il suo rapporto con i fratelli maggiori. Pensa
che in questo senso siano stati importanti i pellegrinaggi dei Pontefici in Terra
Santa?
R. – Pope John Paul II pilgrimage … Il pellegrinaggio
di Papa Giovanni Paolo II non è stato solamente un evento storico, ma ha avuto anche
un impatto molto grande con la società israeliana e per quanto riguarda la Terra Santa
in generale. L’impressione del cristianesimo per la maggior parte degli ebrei è ancora
tratta da un passato alquanto tragico. L’impatto che ha portato il capo della Chiesa,
che ha instaurato un rapporto dimostrando il suo amore e rispetto per il popolo ebraico
è stato di grande importanza, perché oggigiorno le persone non leggono molto, ma vedono
molte immagini. Questo si è dato nella sua visita nella Sinagoga di Roma nel 1986.
Quando le immagini sono andate in tutto il mondo, tutti hanno capito che c’era una
relazione nuova. Il fatto che Papa Benedetto XVI abbia confermato queste iniziative,
dà ad esse uno status quasi istituzionale, dentro il tessuto stesso della Chiesa.
In modo più specifico mi riferisco a due iniziative importanti: la visita alla Sinagoga
di Roma e il pellegrinaggio, la visita, allo Stato d’Israele, in Terra Santa.
D.
– Oggi, come possono concretamente collaborare ebrei e cristiani, per essere una benedizione
per il mondo intero?
R. – First of all I would say that dialogue… Innanzitutto
direi che il dialogo e il comprendersi reciprocamente sono azioni concrete. Più ci
capiamo gli uni e gli altri, meno c’è il rischio di rappresentarsi male. Il comprendersi
reciprocamente non è abbastanza: è fantastico, è bello se si possono prendere delle
iniziative comuni per quanto riguarda progetti specifici. Ci sono esempi concreti,
in cui organizzazioni caritatevoli sia cristiane che ebraiche lavorano assieme. Questo
sta succedendo in posti come l’Africa o l’America Latina. Una delle iniziative che
sono nate come risultato della visita di Giovanni Paolo II qui in Terra Santa è stato
lo stabilire una commissione bilaterale tra il Gran Rabbinato e la Chiesa cattolica.
Nello scorso decennio abbiamo precisamente lavorato per identificare le zone, nell’ambito
scientifico e nell’ambito della fede, nelle quali possiamo lavorare assieme. (ap)