Il nuovo governo della Bosnia pensa a un censimento della popolazione. L'ultimo risaliva
al '91
L’accordo del 28 dicembre 2011 raggiunto a Sarajevo tra le tre comunità etniche della
Bosnia (serbi, croati e musulmani) ha permesso di aprire, dopo 14 mesi di crisi politica,
alla nascita di un nuovo governo della cui formazione è stato incaricato, il 5 gennaio
scorso, il premier Vjekoslaw Bevanda, nominato dalla presidenza tripartitica bosniaca.
Sempre il 28 dicembre i leader dei sei maggiori partiti hanno trovato un’intesa su
alcune leggi necessarie anche all’adesione della Bosnia all’Ue. Tra gli accordi raggiunti
vi è quello sul prossimo censimento, probabilmente nell’aprile del 2013. L’ultimo
risale al 1991, subito dopo scoppiò la guerra. Francesca Sabatinelli ha intervistato
Azra Ibrahimovic, coordinatrice per la ong Cesvi della Casa del sorriso di
Srebrenica:
R. – Questo
censimento è molto importante per tutti noi bosniaci per capire, dopo vent’anni, quanti
siamo veramente: quanti bosniaci risiedono in Bosnia Erzegovina e quanti bosniaci
sono sparsi in giro per il mondo. Ci sono varie stime che indicano che siamo 3 milioni
500 mila. Alcuni dicono che siamo più di 4 milioni, ma nessuno sa dire con precisione
quanti siamo, mentre altre stime ci dicono che un milione e cinquecento mila vive
all’estero: anche questo però non è un dato preciso. Quindi, prima di tutto, secondo
me è importante capire quanti siamo anche per evitare la manipolazione delle cifre
da parte dei vari partiti politici e dai vertici di questo Paese.
D.
– C’è voluto del tempo prima che i partiti arrivassero ad a organizzare il censimento.
Uno dei punti più controversi, ma sul quale è stato raggiunto un accordo, è il fatto
di lasciare come indicazione opzionale quella della propria identità etnica e del
proprio orientamento religioso…
R. – Precisare di che religione si è
non è assolutamente un dato importante per un censimento. La religione dovrebbe essere
un fatto privato di ogni persona. Non vedo per quale motivo debba essere importante
per un censimento. Nel nostro Paese ci sono tre maggiori religioni – islamica, cattolica
e ortodossa – e siamo tutti e tre popoli costitutivi di questo Paese. Allora, se è
così per statuto, non vedo perché dobbiamo ancora menzionarlo nel censimento. Questo,
poi, di nuovo ci farebbe tornare a quello che si dice siano stati i problemi di questo
Paese, tutti legati all’appartenenza etnica e religiosa. C'è il rischio di manipolazione
politica della gente, alla quale far credere che la questione in gioco sia quella
e non tutto il resto: i problemi sociali, economici, i problemi legati all’istruzione...
D.
- Quello che dici è che le autorità politiche vogliono distrarre l’attenzione…
R.
– Esatto. A 15-16 anni dalla fine della guerra, noi ci troviamo di fronte a un grosso
problema che è quello della disoccupazione. Siamo intorno al 45 per cento dei disoccupati.
E’ una cifra altissima, enorme, però nessuno parla di questo problema, della ripresa
economica, della ripresa sociale. Abbiamo grossi problemi anche per quanto riguarda
l’istruzione. Quindi, ci sono una serie di problemi che vengono nascosti dalle questioni
del censimento e della divisione dei poteri tra i vertici di questo Paese.
D.
– L’ultima volta che ci fu un censimento fu nel ‘91, poi scoppiò la guerra. Quanto
ci si basò, anche sui dati del censimento, per avviare quella che veramente fu una
pulizia etnica?
R. – Io ero anche abbastanza piccola, avevo 13 anni
quando cominciò la guerra in Bosnia, anzi in ex-Jugoslavia. La Bosnia è, per così
dire, una Jugoslavia in "piccolo": ci vivono diverse etnie, popolazioni con diverse
religioni, era un campo abbastanza fertile per fomentare ancora di più gli odi e le
intolleranze. Il censimento ha aiutato a capire quali fossero le percentuali della
popolazione e cosa si sarebbe potuto fare in caso di dissoluzione della Jugoslavia
e di dichiarazione di indipendenza della Bosnia Erzegovina. Il censimento del ‘91
potrebbe essere stato strumentalizzato anche per la guerra in Bosnia Erzegovina. (bf)