Monti all'Eliseo: dall'Italia sforzi enormi, ora tocca all'Ue. Il commento dell'economista
Vaciago
Dall'Italia sono venuti degli sforzi enormi e adesso tocca all'Unione Europea fare
la sua parte con un segnale forte. Questo il messaggio che il premier italiano, Mario
Monti, ha lanciato ieri dall’Eliseo, dove ha incontrato il presidente francese Sarkozy.
Il segnale che si vuole dare, insomma, è che la crisi non aspetta e Bruxelles deve
muoversi per tempo se si vuole salvare l'Eurozona. Salvatore Sabatino ne ha
parlato con Giacomo Vaciago, docente di Economia Internazionale presso l’Università
Cattolica di Milano:
R. – Sono
due le cose da fare: ridurre lo squilibrio di finanza pubblica e fare le riforme,
grazie alle quali potremo tornare a crescere. Questo vale per l’Italia, ma vale a
maggior ragione per l’Europa. Da due anni Berlino predica austerità, ma di austerità
si muore. Il vero problema è che oltre all’austerità ci vuole anche una locomotiva
che faccia ripartire l’Europa.
D. – Il premier Monti vuole ritagliare
un ruolo per l’Italia che potrebbe mettere d’accordo anche Merkel e Sarkozy. Ci riuscirà
e, se sì, in che modo?
R. – Spero fortemente che ci riesca. In questi
due anni abbiamo assistito a una recita incredibile: quasi ogni settimana c’erano
incontri tra la Merkel e Sarkozy, ma il divario tra i due era talmente evidente da
non poter essere colmato. La guida europea, che per tradizione cinquantennale era
franco-tedesca, è venuta a mancare. Se Monti, completando il duetto, riuscirà a fare
squadra, si potrà definire la strategia. Attenzione, questi vertici non devono decidere
cosa succederà domani, ma dove l’Europa andrà nei prossimi 20 anni.
D.
– Ci vuole, quindi, una strategia di comunione per superare la crisi?
R.
– E’ fondamentale riscoprire le ragioni dello stare insieme. Mai come oggi avremmo
bisogno di un’Europa unita, e la moneta può essere il collante o il solvente. Potrebbe
anche costringerci, se non riuscissimo a stare insieme, ad andare ognuno per la propria
strada. Questo sarebbe un esito davvero triste, perché quel giorno anche la grande
Germania, da sola, non conterebbe più niente.
D. – Se le cose non cambiano,
c’è il rischio che possa ripetersi anche l’esperienza della Grecia, un Paese che vive
un continuo rischio "default"?
R. – L’intera costruzione europea è a
rischio default. In questi giorni, abbiamo rivisto spread che scommettono sul disfacimento
dell’Europa e non più sull’uscita di un solo Paese, che sarebbe poco male su un totale
di 17. Il problema è che questi mercati stanno ancora scommettendo su una prossima
scomparsa dell’Europa. (vv)