2012-01-05 15:04:13

Africa: cresce il Pil di alcuni Paesi, in particolare gli esportatori di petrolio


Nella crisi globale degli ultimi mesi, si nota il segno positivo di alcuni indicatori economici che riguardano l’Africa, a partire dalla crescita del Pil di alcuni Paesi. Per capire se il dinamismo economico e commerciale che si registra possa significare vero sviluppo per la popolazione, Fausta Speranza ha intervistato Alessio Fabbiano, ricercatore del format di analisi "Fortcasting Africa":RealAudioMP3

R. – Se noi ci soffermiamo, per esempio, soltanto al Pil, vediamo effettivamente che alcuni Paesi stanno crescendo, grazie alle esportazioni. Poi, certo, è necessario guardare in profondità alle voci del Pil, e quindi conoscere approfonditamente come effettivamente queste voci si ridistribuiscono in termini di voci commerciali e di voci economiche: da dove, poi, in definitiva, deriva la ricchezza di un Paese.

D. – Diciamo che dobbiamo parlare da una parte di diversi Paesi, perché si tratta di un continente molto grande, e dall’altra anche di diversità all’interno di uno stesso Paese. Cominciamo dai diversi Paesi: quali sono i Paesi che veramente segnano un passo in avanti?

R. – Sicuramente sono i Paesi esportatori di petrolio e di gas, sulla scia dell’aumento della domanda di risorse energetiche da parte dell’Asia, in particolar modo della Cina. Sono i Paesi tradizionalmente interessati da questo settore, come per esempio i Paesi del Nord Africa. In modo particolare per quanto riguarda l’Africa subsahariana c’è la Nigeria, con punte elevate di esportazioni di greggio anche da parte del Sudan verso la Cina, e poi altri produttori minori che comunque stanno conoscendo una nuova era di esportazione: penso per esempio al Mozambico, per quanto riguarda l’Eni. Effettivamente, poi, all’interno della grande regione africana vi sono Paesi, come il Sud Africa, che hanno cercato di diversificare la loro produzione fuori da queste merci, iniziando – ad esempio – un discorso industriale di maggior peso proprio diversificando, quindi, la propria economia. Sicuramente si tratta di un continente che presenta tante risorse: una ricchezza di base che sicuramente può utilizzare per crescere.

D. – Diciamo che però questa ricchezza di base, ossia le materie prime, fino ad oggi sono state sfruttate da altri; dunque, il passo che l’Africa dovrebbe fare adesso è quello di produrre e poi gestire queste materie prime e vendere prodotti finiti. E’ così?

R. – Esatto. Direi che questa è la grande sfida dell’Africa: quella, cioè, di non farsi più sfruttare da altri Paesi ma di riuscire a fare sviluppo. Infatti, la differenza tra crescita e sviluppo sta proprio nel fare in modo che quello che un Paese riesce a sviluppare ritorni poi alla popolazione in termini, appunto, di ricchezza intesa non come una grande quantità di denaro ma come servizi sociali.

D. – A questo proposito, purtroppo, però, stiamo già parlando di nuova colonizzazione: pensiamo alla Cina che arriva, sfrutta le risorse e gestisce territori portando, tra l’altro, lavoratori cinesi e dunque non creando occupazione locale …

R. – Sì, effettivamente, questo non è più un rischio ma una realtà. Il problema non riguarda solo la Cina ma anche grandi multinazionali occidentali che, per quanto concerne ad esempio il settore dello sfruttamento delle terre, quindi nel settore agricolo, hanno incominciato ad occupare grandi estensioni per la produzione di mais che poi non viene utilizzato per scopi alimentari, ma viene utilizzato per essere esportato nelle fabbriche occidentali o in quelle asiatiche per la produzione di carburante. Eppure l’Africa avrebbe bisogno di beni alimentari, soprattutto alcune aree particolarmente depresse. Anche qui emerge la stessa sfida per l’Africa: saper canalizzare la sua ricchezza verso uno sviluppo che sia uno sviluppo vero e proprio, e non uno sfruttamento.

D. – Parliamo in particolare del fenomeno della terra in affitto …

R. – Sì: questo è un grande problema, emerso soltanto di recente, anche se esiste da diversi anni. Praticamente, la terra viene presa in affitto per anni da grandi multinazionali, da grandi industrie per la produzione di prodotti che molto spesso non vanno a finire nella catena alimentare africana, ma vanno invece a finire in quella della produzione di idrocarburanti oppure vanno a finire nelle catene alimentari di altri Stati. In questo modo, quindi, si può toccare con mano proprio lo sfruttamento del territorio africano per la ricchezza di pochi e l’abbandono alla povertà, invece, di tanti.

D. – In un discorso di sviluppo economico possibile, già parzialmente in atto per l’Africa, non possiamo non parlare di acqua: come sarà la questione dell’acqua nei prossimi anni?

R. – L’Africa, soprattutto alcune sue zone, stanno conoscendo l’impatto del cambiamento climatico e le risorse idriche, che comunque sono abbondanti in Africa soprattutto nell’Africa centrale, potrebbero effettivamente conoscere un processo di depauperamento dovuto, da una parte, al cambiamento climatico ma, dall’altra, anche ad uno sfruttamento scriteriato. Pensiamo, ad esempio, alla costruzione di grandi dighe cui stanno partecipando gruppi occidentali ma anche gruppi asiatici – cinesi, malesiani – per la produzione di energia idroelettrica, che poi però causa squilibri di tipo ambientale nonché la migrazione forzata di popolazioni che vivono in quei territori da quando ci si sono insediate. Il problema dell’acqua è un problema che non riguarda solo l’Africa, ovviamente: riguarda tutto il mondo. Ma in Africa può assumere una maggiore rilevanza proprio perché noi ne stiamo conoscendo direttamente le conseguenze negative con le prime migrazioni di popolazioni, dovute alla penuria di acqua.

D. – L’Occidente è in sovrapproduzione da anni e anche l’Asia produce sempre di più. In qualche modo, qualcuno incomincia ad intravedere in Africa un possibile mercato di consumatori. E’ bello pensare che la popolazione africana si arricchisca ma purtroppo la prospettiva non è così semplice…

R. – Dal punto di vista commerciale, effettivamente l’Africa offre tanti spunti, visto che si tratta di un continente enorme che viaggia verso il miliardo di persone. Ma certamente bisogna vedere come effettivamente l’Africa riesca a costruire una sua economia o, invece, se verrà soltanto invasa – come sta già avvenendo in alcuni Paesi – da merci che vengono prodotte in altri Paesi, ad esempio la Cina. Molte merci vengono prodotte ad un costo di manodopera molto basso e poi vengono esportate nei Paesi africani depauperando, distruggendo così il tessuto produttivo già esistente. Quindi, si tratta effettivamente di un discorso molto complesso, molto complicato per il quale abbiamo ancora pochi dati su cui poter riflettere. Ma è un discorso centrale che ci riporta alla dinamica per cui l’Africa rappresenta un continente sempre più importante per chi vuole fare affari ma bisogna vedere come effettivamente l’Africa possa crescere grazie a questi affari, oppure – come è avvenuto anche nel passato – possa invece essere impoverita da questi affari. (gf)







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