2012-01-04 12:03:41

Il Papa all'udienza generale: i cristiani siano testimoni della gioia del Natale


Il Papa, nella prima udienza generale dell’anno, ha svolto la sua catechesi sul tempo liturgico del Natale, “che inizia la sera del 24 dicembre con la vigilia e si conclude con la celebrazione del Battesimo del Signore. L’arco dei giorni – ha detto - è breve, ma denso di celebrazioni e di misteri e si raccoglie tutto intorno alle due grandi solennità del Signore: Natale ed Epifania. Il nome stesso di queste due feste ne indica la rispettiva fisionomia. Il Natale celebra il fatto storico della nascita di Gesù a Betlemme. L’Epifania, nata come festa in Oriente, indica un fatto, ma soprattutto un aspetto del Mistero: Dio si rivela nella natura umana di Cristo e questo è il senso del verbo greco epiphaino, farsi visibile. In tale prospettiva, l’Epifania richiama una pluralità di eventi che hanno come oggetto la manifestazione del Signore: in modo particolare l’adorazione dei Magi, che riconoscono in Gesù il Messia atteso, ma anche il Battesimo nel fiume Giordano con la sua teofania, la voce di Dio dall'alto, e il miracolo alle Nozze di Cana come primo “segno” operato da Cristo. Una bellissima antifona della Liturgia delle Ore unifica questi tre avvenimenti intorno al tema delle nozze tra Cristo e la Chiesa: “Oggi la Chiesa si unisce al suo Sposo celeste, perché nel Giordano Cristo ha lavato i suoi peccati; i Magi corrono con doni alle nozze regali, e i convitati gioiscono vedendo l’acqua mutata in vino” (Antifona delle Lodi). Possiamo quasi dire che nella festa del Natale si sottolinea il nascondimento di Dio nell’umiltà della condizione umana, nel Bambino di Betlemme. Nell’Epifania, invece, si evidenzia il suo manifestarsi, l’apparire di Dio attraverso questa stessa umanità”.

Benedetto XVI ha richiamato nella sua catechesi qualche tema proprio della celebrazione del Natale del Signore affinché ciascuno “possa abbeverarsi alla fonte inesauribile di questo Mistero e portare frutti di vita”.

Anzitutto, ha detto, la gioia è la prima reazione davanti a questa straordinaria azione di Dio che si fa bambino, si fa uomo: “Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore”: così inizia la Messa della notte di Natale, e l’Angelo dice ai pastori: “Ecco. Io vi annuncio una grande gioia” (Lc 2,10). E’ il tema che apre il Vangelo, ed è il tema che lo chiude perché Gesù Risorto rimprovererà agli Apostoli proprio di essere tristi (cfr Lc 24,17), incompatibile col fatto che Lui rimane uomo per sempre. Ma facciamo un passo avanti: da dove nasce questa gioia? Direi che nasce dallo stupore del cuore nel vedere come Dio ci è vicino, come Dio ci pensa, come Dio agisce nella storia, è una gioia quindi che nasce dal contemplare il volto di quell’umile bambino perché sappiamo che è il Volto di Dio presente per sempre nell’umanità, per noi e con noi. Il Natale è gioia perché vediamo e siamo finalmente sicuri che Dio che è il bene, la vita, la verità dell’uomo e si abbassa fino all’uomo, per innalzarci a Sé: Dio diventa così vicino da poterlo vedere e toccare. La Chiesa contempla questo ineffabile mistero e i testi della liturgia di questo tempo sono pervasi dallo stupore e dalla gioia. Tutti i canti di Natale esprimono questa gioia. Natale è il punto in cui Cielo e terra si uniscono, e varie espressioni che sentiamo in questi giorni sottolineano la grandezza di quanto è avvenuto: il lontano, Dio sembra lontanissimo, è diventato vicino; “l’inaccessibile volle essere raggiungibile, Lui che esiste prima del tempo cominciò ad essere nel tempo, il Signore dell’universo, velando la grandezza della sua maestà, prese la natura di servo” - esclama san Leone Magno (Sermone 2 sul Natale, 2.1). In quel Bambino, bisognoso di tutto, come lo sono i bambini, ciò che Dio è: eternità, forza, santità, vita, gioia, si unisce a ciò che siamo noi: debolezza, peccato, sofferenza, morte”.

Il Papa rileva come la teologia e la spiritualità del Natale usino “un’espressione per descrivere questo fatto, parlano di admirabile commercium, cioè di un mirabile scambio tra la divinità e l’umanità. Sant’Atanasio di Alessandria afferma: “il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio” (De Incarnatione, 54, 3: PG 25, 192), ma è soprattutto con san Leone Magno e le sue celebri Omelie sul Natale che questa realtà diventa oggetto di profonda meditazione. Afferma, infatti, il santo Pontefice: “Se noi ci appelliamo alla inesprimibile condiscendenza della divina misericordia che ha indotto il Creatore degli uomini a farsi uomo, essa ci eleverà alla natura di Colui che noi adoriamo nella nostra” (Sermone 8 sul Natale: CCL 138,139). Il primo atto di questo meraviglioso scambio si opera nell’umanità stessa del Cristo. Il Verbo ha assunto la nostra umanità e, in cambio, la natura umana è stata elevata alla dignità divina. Il secondo atto dello scambio consiste nella nostra reale ed intima partecipazione alla divina natura del Verbo. Dice san Paolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5). Il Natale è così la festa in cui Dio si fa così vicino all’uomo da condividere il suo stesso atto di nascere, per rivelargli la sua dignità più profonda: quella di essere figlio di Dio”. E così il sogno dell’umanità cominciato in Paradiso – aggiunge il Papa a braccio - essere come Dio, si realizza in modo inaspettato, non per la grandezza dell’uomo che non si può fare Dio, ma per l’umiltà di Dio che scende e così ci fa entrare nella sua umiltà e ci eleva alla vera grandezza del suo essere.

Il Concilio Vaticano II afferma: “In realtà, soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. (Gaudium et spes, 22) Il Papa osserva che è nell’Eucaristia che si rende presente in modo reale questo meraviglioso scambio, “perché operi nella nostra vita e la renda un’esistenza di veri figli di Dio”. “Quando partecipiamo alla Santa Messa – ha proseguito - noi presentiamo a Dio il pane e il vino, frutto della terra, perché Egli li accetti e li trasformi donandoci Se stesso e facendosi nostro cibo, affinché ricevendo il suo Corpo e il suo Sangue partecipiamo alla sua vita divina”.

Il Papa si è poi soffermato su un altro aspetto del Natale. “Quando l’Angelo del Signore si presenta ai pastori nella notte della Nascita di Gesù, l’Evangelista Luca annota che “la gloria del Signore li avvolse di luce” (2,9); e il Prologo del Vangelo di Giovanni parla del Verbo fatto carne come della luce vera che viene nel mondo, la luce capace di illuminare ogni uomo (cfr Gv 1,9). La liturgia natalizia è pervasa di luce. La venuta di Cristo dirada le tenebre del mondo, riempie la Notte santa di un fulgore celeste e diffonde sul volto degli uomini lo splendore di Dio Padre. Anche oggi avvolti dalla luce di Cristo, siamo invitati con insistenza dalla liturgia natalizia a farci illuminare la mente e il cuore dal Dio che ha mostrato il fulgore del suo Volto. Il primo Prefazio di Natale proclama: “Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili”. Nel Mistero dell’Incarnazione di Dio, dopo aver parlato ed essere intervenuto nella storia mediante messaggeri e con segni, “è apparso”, è uscito dalla sua luce inaccessibile per illuminare il mondo.

Nella Solennità dell’Epifania – rileva il Papa – “la Chiesa propone un brano molto significativo del profeta Isaia: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te splende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (60,1-3). E’ un invito rivolto alla Chiesa, la Comunità di Cristo, ma anche a ciascuno di noi, a prendere ancora più viva coscienza della missione e della responsabilità verso il mondo nel testimoniare e portare la luce nuova del Vangelo. All’inizio della Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II troviamo le seguenti parole: “Essendo Cristo la luce delle genti, questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, ardentemente desidera con la luce di Lui, splendente sul volto della Chiesa, illuminare tutti gli uomini annunziando il Vangelo a ogni creatura” (n. 1). Il Vangelo – ha detto a braccio - è la luce da non nascondere, da mettere sulla lucerna. “La Chiesa non è la luce, ma riceve la luce di Cristo, la accoglie per esserne illuminata e per diffonderla in tutto il suo splendore. E questo deve avvenire anche nella nostra vita personale”. San Leone Magno nella Notte Santa ricordava ai cristiani: “Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler ricadere alla condizione spregevole di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce e nel Regno di Dio” (Sermone 1 sul Natale, 3,2: CCL 138,88).

“Il Natale – ha concluso - è fermarsi a contemplare quel Bambino, il Mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo Signore, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni; celebrare Natale è quindi manifestare la gioia, la novità, la luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della vera novità, della luce di Dio agli altri”.








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