Allarme carestia nel Sahel: 6 milioni a rischio fame. Mons. Dal Toso: la Chiesa in
prima fila negli aiuti
Nuovo allarme carestia nella regione africana del Sahel: a lanciarlo sono diverse
organizzazioni non governative impegnate in quell’area estesa dall’Oceano Atlantico
fino al Corno d’Africa. Un’emergenza che tocca in particolare Mauritania, Senegal,
Gambia, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad. Roberta Gisotti ha intervistato mons.Giampietro Dal Toso, segretario della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel
presso il Pontificio Consiglio Cor Unum:
D. - Abbiamo
letto che 11 milioni di abitanti nella fascia del Sahel sono già a rischio malnutrizione
e metà potrebbero a breve soffrire la fame. Quali notizie dal vostro osservatorio?
R.
- Effettivamente, quello che Lei dice è vero: quella situazione di gravità che avevamo,
e che abbiamo ancora in parte, nel Corno d’Africa di fatto si è estesa anche ai Paesi
del Sahel, a sud del deserto del Sahara. Paesi che da sempre sono in difficoltà da
questo punto di vista, ma in questo momento sono in maggiore difficoltà per la mancanza
di acqua, mancanza di piogge e quindi difficoltà per la coltivazione e per il raccolto,
che quest’anno si fa sentire in maniera particolarmente forte. Per cui, siamo in una
situazione critica che nei prossimi mesi potrebbe sfociare in una crisi che arriva
alla fame per diversi milioni di persone. Ovviamente, in questo momento la crisi è
causata in maniera specifica dalla mancanza di acqua però - come ricordavo - è una
crisi che ha radici lontane: non è un caso se già nell’Ottanta, Papa Giovanni Paolo
II viaggiò nel Sahel - esattamente nei Paesi allora più poveri del mondo - e lanciò,
a suo tempo, un appello contro la sete, contro la siccità, contro la desertificazione
da Ouagadougou. E in base a quell’appello, si costituì poi la "Fondazione Giovanni
Paolo II per il Sahel".
D. - Dall’anno di fondazione della vostra istituzione,
nel 1984, sono passati 28 anni: sono migliorate le condizioni di questi Paesi e la
macchina degli aiuti internazionali si è fatta più efficiente?
R. -
Sono reduce da una visita in Burkina Faso, dove sono stato all’inizio di dicembre.
Posso dirle che la situazione varia ovviamente da Paese a Paese, però c’è attenzione
internazionale verso questi Paesi o per lo meno verso alcuni. Ci sono infatti dei
Paesi che sono più stabili e altri meno stabili politicamente, per cui è più facile
o più difficile intervenire secondo le situazioni. Di certo, c’è attenzione su questi
Paesi da parte della Chiesa. In particolare, la nostra Fondazione nell’anno 2010 ha
fornito aiuti per quasi due milioni di dollari in 176 progetti di aiuto. Questo è
un esempio del vastissimo impegno della Chiesa con associazioni, uffici, Caritas e
vari organismi internazionali presenti. L’attenzione c’è, l’aiuto c’è, quindi. Tuttavia,
queste emergenze richiedono sempre una grande attenzione, un coinvolgimento, una presenza,
ricordando pure che si tratta di problemi strutturali che un po’ alla volta devono
essere risolti e che la loro soluzione richiede tempo.
D. - È dunque
bene preallertare la comunità internazionale, prima che sia troppo tardi per la vita
di tante persone...
R. - È assolutamente necessario, perché questa emergenza
arriverà in maniera drammatica, e se non ci si prepara fin da adesso, le conseguenze
potrebbero essere catastrofiche per milioni di persone.(bi)