,'Il frutto
positivo della 'primavera araba' è il movimento stesso. Il fatto che oggi, in quegli
stati attraversati dalla rivoluzione, ci si possa opporre ai governi'. In chiusura
del 2011 l'islamologo p. Samir Khalil Samir sj traccia un bilancio tutto sommato positivo
della cosidetta 'primavera araba' che ha attraversato il Nordafrica e il Medio Oriente
a partire dal mese di gennaio. 'Anche in un Paese come la Siria, dove ogni giorno
muoiono decine di persone, io vedo un passo in avanti' aggiunge Samir. 'Lì la popolazione
ha osato - e continua ad osare - affrontare un regime che non esita a sparare. E lo
stesso sarebbe accaduto in Libia se i contestatori del regime non fossero stati aiutati
dall'esterno. Dunque il prmo passo in avanti è stato che oggi in quei paesi si può
rigettare il potere quando si presenta in forma autocratica'. 'Il secondo frutto positivo
- aggiunge lo studioso - è l'inizio di un dibattito popolare, esteso a tutti, per
trovare un progetto per il futuro politico e sociale dei vari paesi. Ciò si vede in
Tunisia, Egitto, ma anche in tutto il mondo arabo. Non passa un giorno che, su questi
temi, non ci siano dibattiti televisivi seguiti da milioni di persone. E' una grossa
novità nel mondo arabo ed è un frutto positivo che dimostra come siamo all'inizio
di un percorso di rinnovamento. Dobbiamo sempre ricordarci, infatti, che per circa
cinquant'anni i paesi arabi non hanno conosciuto una reale democrazia ma solo regimi
autoritari o dispotici. Noi arabi dobbiamo ancora imparare come si fa a vivere democraticamente'. Dunque,
secondo padre Samir, 'la rivoluzione per la democrazia e i diritti umani, nei Paesi
capofila della Primavera araba, non è fallita anche se non ha portato subito agli
esiti che si speravano. Il prevalere degli islamisti in Tunisia e Egitto ci mostra
solo la reale struttura di quelle popolazioni. In Tunisia, nonostante un regime
laico durato cinquant'anni, sopravvivevano tendenze islamiche. In Egitto, dove queste
tendenze sono molto più forti, l'art. 2 della Costituzione affermava e afferma che
la Sharia è il fondamento della legislazione'. 'Tutto il mondo arabo-islamico - aggiunge
Samir - vede l'islam come l'ideale della vita sociale, politica e religiosa ed è difficile
cambiare questa convinzione'. 'La vera questione è come ognuno interpreterà la presenza
della religione islamica nella vita politica e sociale. E qui che vedremo se c'è un
reale progresso o meno. L'islam, inoltre, si presenta, fin dall'inizio della sua storia
per volere di Maometto, come un progetto globale, non solo religioso, ma anche politico,
giuridico e sociale. Oggi nel mondo musulmano si discute se questa impostazione sia
ancora valida'. 'Credo che oggi spetti a noi cittadini arabi - conclude l'islamologo
di origine egiziana - stabilire quali debbono essere i rapporti tra l'islam e i grandi
principi della democrazia e dei diritti umani. Dunque in questi paesi la rivoluzione
non è fallita ma deve adattarsi e deve evolvere verso una più grande democrazia e
una migliore applicazione dei diritti umani'. Per quanto riguarda il timore
dei cristiani di vedere limitare la loro libertà religiosa con l'avvento degli islamisti
padre Samir afferma che è un timore fondato. 'E'vero che i governi abbattuti dalla
'primavera araba' cercavano di limitare l'islamismo. Però dobbiamo ricordarci che
gli islamisti non sono il demonio. E' dunque possibile cambiare questo islamismo,
ma l'unica via è quella della collaborazione tra cristiani e musulmani per dare più
libertà, democrazia, giustizia sociale e diritti umani ai paesi arabi. Su questi temi
possiamo trovare dei punti comuni'. (intervista a cura di Fabio Colagrande)