Preoccupazione dell'Ue per la nuova Costituzione dell'Ungheria
In Ungheria, via libera del Parlamento alla controversa riforma della Banca Centrale.
Preoccupazione è stata espressa dall’Unione Europea, ma per il premier Orban “nessuno
può intervenire nel processo legislativo del Paese”. Peraltro, nonostante le accese
proteste delle opposizioni, da domani è in vigore la nuova Costituzione voluta dall’esecutivo
di Budapest. Le modifiche stanno mettendo in allarme la comunità internazionale, perché
restringono la libertà di stampa e limitano l’indipendenza della magistratura. Il
parere del prof. Alessandro Biagini, autore di “Storia dell’Ungheria contemporanea”,
intervistato da Benedetta Capelli:
R. – Queste
modifiche nascono da una sorta di deriva che c’era stata con il governo precedente.
Orban, l’attuale premier, ha stravinto le elezioni sulla base di alcune parole d’ordine
che vanno a rimettere in moto un certo nazionalismo. La riforma costituzionale fondamentale
è che passa in seconda linea il parlamento rispetto all’esecutivo e su questo i segnali
c’erano già stati perché il fatto delle limitazioni alla libertà di stampa, il fatto
che il potere esecutivo accentri il controllo sugli organi di garanzia, come la magistratura,
sono tutte chiare limitazioni delle libertà così come siamo abituati a concepirle.
E’ chiaro che questo possa preoccupare molto, però perché tutto questo si è messo
in moto? Perché un’accusa che era stata fatta al precedente governo di centro-sinistra
era stata quella di avere svenduto, potremmo dire, il patrimonio nazionale. Queste
riforme costituzionali portano a una radicalizzazione dell’esistente con poteri sempre
più ampi. A fronte di questa estrema destra che cresce sempre di più forse il governo
Orban poteva rappresentare una sorta di barriera; è presumibile che con il fallimento
del governo Orban si potrebbe arrivare addirittura a un trionfo di questa estrema
destra sul piano elettorale.
D. – Secondo recenti sondaggi, l’estrema
destra si attesterebbe sul 22 per cento…
D. - Il fatto è che parlano
poi a quel fondo di nazionalismo irrazionale che sta dilagando un po’ in Europa dappertutto
e ovviamente in una società più piccola come quella ungherese, che si sente accerchiata
da tutti questi fenomeni di globalizzazione - teniamo conto di un fatto: in Ungheria
un rischio default c’è stato, c’è ancora – l’attività di questo governo, riproponendo
anche alcune forme di controllo dello Stato sull’economia, che sarebbe l’esatto opposto
di quello che poi dice l’Europa per certi versi, tenderebbe a mettere un freno a questo
trend.
D. - Le nuove norme che sono contenute nella nuova costituzione
ungherese in un certo modo stridono con i parametri e gli accordi europei. Questo
cosa può significare, che l’Ungheria a breve termine può anche considerarsi fuori
dall’Europa?
R. - Certo questo potrebbe accadere anche se ormai noi
siamo abituati a considerare questa Europa, così come è oggi, quasi un dato immutabile.
C’è però in positivo il fatto che queste economie europee ormai sono talmente “integrate”,
che è un termine forse troppo avanzato, ma talmente legate fra di loro che è difficile
che un Paese possa "andarsene per conto suo", specialmente un Paese che ha una crisi
economica: se un governo facesse questo probabilmente verrebbe penalizzato poi alle
successive elezioni. Però il problema delle elezioni è poi dove si rivolgono i voti
degli scontenti, dei delusi. Sarebbe necessario che le classi politiche dessero risposte
molto più decise e molto più chiare.
D. – Ma ci sono all’orizzonte forze
politiche in un certo senso rigenerative, nuove, alle quali il popolo ungherese può
guardare con fiducia?
R. - In questa fase mi pare difficile. E’ come
se fossimo rimasti in questo limbo tra il ricordo del passato, positivo, un presente
certo non accettabile, e prospettive poco allettanti per il futuro; anche perché la
crisi è generale, non è solo dell’Ungheria. (bf)