Primavera araba. P. Samir: musulmani e cristiani insieme per democrazia e diritti
Il 2011 sarà ricordato come l’anno della cosiddetta "primavera araba". In queste settimane,
sembra che nei Paesi che hanno guidato il processo – come Tunisia ed Egitto – stiano
andando al potere i partiti islamisti. Questo, in alcune parti del mondo, è visto
con preoccupazione. Ma si può parlare di fallimento della rivoluzione sorta in nome
della democrazia e dei diritti umani? Fabio Colagrande ne ha parlato con padre
Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia presso
l'Università “Saint Joseph” di Beirut, in Libano:
R. - Non
è fallita e non è come si sperava. In questo senso: la popolazione, ovunque nel mondo
arabo-islamico, vede l’islam come l’ideale della vita sociale, politica, religiosa…
E’ difficile cambiare questo: la questione è come ognuno interpreterà la presenza
islamica nella vita politica e sociale. È qui che vedremo se c’è un passo avanti o
meno. In questi Paesi la rivoluzione non è fallita, ma deve adattarsi, e deve evolvere
verso una più grande democrazia, e una migliore applicazione dei diritti umani.
D.
- Quali sono stati i frutti positivi di questa "primavera araba" finora?
R.
- Un frutto positivo è il movimento, il fatto che ci si può opporre al governo: in
un Paese come la Siria, dove ogni giorno muoiono decine di persone che hanno osato
e continuano ad affrontare un regime che non esita a far fuoco. Questo è il primo
passo: si può rigettare il potere quando questo potere è autocratico. Il secondo passo
positivo è l’inizio di un dibattito popolare di tutti quanti per dire che progetto
abbiamo per il Paese. Questo si vede in tutto il mondo arabo, non c’è giorno che passa
senza che vi siano dei dibattiti televisivi o popolari, comunque ascoltati, e guardati
da milioni di persone. È una novità nel mondo arabo, nella politica araba.
D.
- I cristiani in questo momento particolare temono più di tutti l’avvento di governi
islamisti, l'eventualità che limitino la loro libertà religiosa. Quale ruolo possono
e devono avere in questa fase i cristiani?
R. - Il timore dei cristiani
è chiaro, è fondato: si sapeva e adesso si vede la tendenza verso l’islamismo, mentre
i governi precedenti cercavano di controllare i governi islamici. Li hanno messi in
prigione in Egitto, in Tunisia, esiliati o condannati… Adesso viene fuori e dunque
mostra la realtà del Paese: i cristiani dappertutto, anche in Siria, temono molto
l’arrivo degli islamisti al posto dei regimi che abbiamo. Questo è un vero pericolo,
però dobbiamo considerare che gli islamisti non sono il "demonio", possiamo anche
cambiare questo islamismo. Come? L’unico modo è lavorare insieme, collaborare cristiani
e musulmani per più liberalismo, più democrazia e soprattutto per i diritti umani,
per la giustizia, soprattutto più giustizia sociale: su questo, musulmani e cristiani,
abbiamo dei fondamenti comuni. (bi)