Egitto, ronde islamiche a difesa delle chiese. Mons. Mina: il fanatismo si vince arginando
ignoranza e povertà
In Egitto, cresce l’allarme attentati in vista del Natale ortodosso, che il prossimo
7 gennaio verrà celebrato anche dai cristiani copti. Lo scorso anno, ad Alessandria,
21 fedeli sono morti a causa di un attacco kamikaze compiuto a capodanno. Organizzazioni
islamiche e diversi musulmani hanno annunciato che, durante questi giorni di festa,
presidieranno le chiese cristiane, istituendo delle “ronde” per difendere i fedeli
copti. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Giza, mons.
Antonios Aziz Mina:
R. - In ogni
società, ci sono dei fanatici e ci sono anche buone persone. Ma i buoni non alzano
la voce e non fanno sentire quello che vorrebbero dire, quello che vorrebbero vivere.
La maggioranza dei musulmani non è fanatica, anzi sono buoni musulmani: bisogna incoraggiarli
a diffondere questo sentimento di coabitazione, collaborazione e convivenza. Abbiamo
convissuto per 14 secoli, non per un giorno o due. Quindi bisogna isolare, poco a
poco, questi fanatici. Noi ringraziamo ogni musulmano che ha manifestato un sentimento
del genere, e questo lo abbiamo visto nei giorni della rivoluzione, quando in piazza
Tahrir c’erano cristiani che difendevano la preghiera dei musulmani e musulmani che,
viceversa, difendevano la preghiera dei cristiani. E anche vicino alle case, quando
c’erano i vandali, non c’era la polizia, nei giorni della rivoluzione. C’erano i giovani,
cristiani e musulmani insieme, che difendevano i loro quartieri.
D.
- Ed è anche accaduto nel passato che alcuni musulmani siano morti per difendere le
minoranze cristiane…
R. - Per esempio, nelle manifestazioni di Maspero
– una manifestazione cristiana per quello che è accaduto alla chiesa di El-Marinab,
vicino a Luxor – c’erano musulmani che manifestavano insieme con i cristiani. E quando
le autorità hanno attaccato i manifestanti, tra gli almeno 29 morti c’era un musulmano.
D.
– Per la comunità cristiana sono ancora tempi difficili. Continuano purtroppo attacchi,
rapimenti, discriminazioni; molti hanno anche deciso di lasciare il Paese…
R.
– Saranno tempi difficili per tutti gli egiziani. Cristiani e musulmani moderati,
che sono la maggioranza, hanno le stesse difficoltà e, se ci sono cristiani che hanno
lasciato il Paese, ci sono anche musulmani che sono andati via. Non capisco da dove
venga questa corrente di fanatismo: forse noi abbiamo sbagliato perché non l’abbiamo
segnalata fin dall’inizio. Anche i musulmani moderati non hanno avvertito il pericolo
di questo fanatismo: vedevano gente che parlava in nome della religione e hanno pensato:
“Lasciamoli parlare”. Invece, erano fanatici che guastavano la vita sociale di tutto
un Paese.
D. - Fanatici che hanno parlato: ora che si è capito quale
sia il pericolo per l’Egitto, questo virus, si può fermare? Si sta facendo qualcosa
per arginare il fondamentalismo?
R. - Si fa di tutto. Per il momento,
la televisione sta facendo di tutto per informare la gente. Il fanatismo cresce e
trova terra fertile in due cose: la povertà e l’ignoranza. E la povertà e l’ignoranza
sono le condizioni ideali affinché un individuo possa diventar fanatico. E in Egitto,
il 40 per cento della popolazione non ha istruzione. Quindi, è facile trascinare le
persone nel nome di Dio affinché diventino fanatici: è quello che stiamo combattendo
adesso, e dobbiamo combatterlo tutti, non solo come cristiani, ma come egiziani per
salvare questo Paese che merita una vita pacifica. (bi)