2011-12-29 15:03:22

La crisi dei mercati del 2011. L'economista: ora serve uno scatto in avanti


E’ tempo di bilanci per il 2011 che sta per concludersi. Uno degli aspetti che ha caratterizzato questo anno è stato l’acuirsi della crisi economica, alla quale i governi, soprattutto europei, stanno cercando di rispondere con misure e manovre di vario tenore. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’economista Luigi Campiglio, docente all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. - È stato certamente un anno particolarmente difficile. Nel 2011, c’è stato tuttavia qualcosa di nuovo, e non solo di negativo, nel senso che la reazione mondiale alle cause della crisi è stata certamente disordinata, ma c’è stata una chiara richiesta alla leadership mondiale e nazionale di cambiare un sistema economico, che dovrebbe essere al servizio dell’uomo e che però negli ultimi anni lo è stato poco.

D. - Si è capito che cosa c’è all’origine delle varie crisi?

R. - Il debito pubblico è stato anzitutto una conseguenza della crisi perché in molti casi, negli Stati Uniti, ma anche in Europa, lo Stato è intervenuto giustamente per attutire l’effetto di uno stop così improvviso delle attività produttive. Di sicuro, la questione del debito è stata un problema, ma di certo manovre molto restrittive finiscono con l’essere controproducenti, soprattutto sugli strati più deboli della popolazione, e rischiano di accentuare la crisi anziché risolverla. Occorre uno scatto in avanti vero, genuino, di condivisione comune dei problemi mondiali, perché davvero lo sono.

D. - Il 2011 passa alla storia anche come l’anno dei sacrifici: si è creata in questo modo una "scollatura" tra l’elettorato e la politica?

R. - La scollatura c’è. Va detto che una delle questioni più delicate, importanti, ma decisive, è la questione delle crescenti disuguaglianze che già esistevano prima della crisi, e che in parte sono una causa della crisi, ma con le quali non si può convivere se davvero vogliamo uscire dalla crisi. In altre parole, dobbiamo imparare a essere una comunità di intenti intenzionalmente diretta verso un obbiettivo comune.

D. - Il 2011 rischia di passare alla storia come quello che ha segnato l’inizio della fine dell’euro. Alcuni Paesi che stavano per entrare nella moneta unica, sembra stiano frenando questo processo...

R. - Questo è vero, ma il progetto europeo è un progetto di pace nato dopo la Seconda Guerra Mondiale da uomini che hanno fatto quella guerra. Oramai, da sessanta-settanta anni, tutte le generazioni del dopoguerra non sono andate in guerra, salvo purtroppo, la ex Jugoslavia. Qui, la questione è davvero centrale e bisogna capire che disfare l’euro non è così facile come metterlo insieme: se noi abbandoniamo l’euro, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili sicuramente sul piano economico, ma non vorrei che venissero coinvolti altri piani più importanti. (bi)







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